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Come si definisce una partita in cui alla fine dei primi 45′ sei sotto di due gol pur avendo subito un solo tiro in porta (per di più su rigore)?O peggio: come si commenta?
Non lo sa Stramaccioni, in evidente difficoltà (anche) nel postpartita, non lo so nemmeno io. Perché quello che si è visto in campo ieri sera ha dell’incredibile.
Quella che è di gran lunga la migliore Inter degli ultimi tempi -forse di tutto il girone di ritorno- subisce una sconfitta eufemisticamente immeritata contro la Lazio e si rassegna a dire definitivamente addio all’Europa, per la prima volta dopo 14 anni. 64% di possesso palla, 91% di passaggi riusciti, 25 azioni concluse al tiro (contro 10 della Lazio) di cui 21 scaturite dalla normale costruzione del gioco che hanno consentito all’Inter di tirare da dentro l’area di rigore per ben 13 volte, in una partita che si è giocata per il 75% del tempo -il settantacinque per cento- dalla trequarti dell’Inter in su.
Solo freddi numeri? Sì, solo freddi numeri che da soli neanche bastano per descrivere il dominio dell’Inter. E che in alcun modo riescono a spiegare, ovviamente, il risultato finale. L’Inter prende in mano da subito il pallino del gioco, la Lazio prova a rendersi pericolosa un paio di volte ma è Marchetti a dover fare gli interventi più difficili su Guarin e Rocchi. Poi un lancio lungo, un gran controllo di Candreva e un cross in mezzo sul quale Handanovic esce malissimo, si scontra con Juan Jesus, Ranocchia e Floccari con la palla che sbatte addosso allo stesso Ranocchia e finisce piano piano in porta. Potrebbe essere l’inizio del solito psicodramma per l’Inter, invece no: pochi minuti di sbandamento (in cui Candreva ha un’occasione clamorosa per lo 0-2) e giù di nuovo a macinare gioco: Marchetti costretto agli straordinari e a deviare con un miracolo sul palo un tiro di Cambiasso, fino al pareggio di Alvarez. Cross in mezzo di Pereira e Ricky di testa realizza il suo settimo gol stagionale (e chi l’avrebbe mai detto). Poi ancora Inter con una incredibile serie di occasioni -su tutte l’uno due Cambiasso-Alvarez ribattuto due volte- fino a quando, a primo tempo praticamente finito, arriva il pasticcio di Ranocchia: si fa sfuggire Floccari e per evitare che colpisca a botta sicura a due passi da Handanovic gli fa uno sgambetto da dietro. E’ calcio di rigore ed Hernanes non sbaglia: si va al riposo sull’1-2.
Inizia il secondo tempo con la paura, ancora, che l’Inter non abbia l’energia necessaria per affrontare una situazione così difficile e ci si trova davanti, ancora, a un’altra smentita. E’ sempre l’Inter a gestire il gioco, è sempre l’Inter a mettere in ansia Marchetti in numerose occasioni con Guarin, Alvarez, Rocchi, Cambiasso e Kovacic. Poi quella che potrebbe essere la svolta: Cana abbatte in area Guarin, è calcio di rigore. Alvarez però dal dischetto stavolta non segna, anzi scivola goffamente e manda la palla alle stelle. Fine dei giochi? Niente affatto: ancora Guarin suona la carica, ancora occasioni su occasioni per l’Inter. Ci vuole un destro da distanza impossibile di Onazi che si va a infilare nel sette per chiudere definitivamente il discorso di una partita troppo incredibile per (non) essere vera. Una partita che l’Inter chiude in attacco fino all’ultimo secondo con altri due interventi decisivi di Marchetti (su Cambiasso e Garritano), una partita in cui non mancano, come al solito, gli infortunati: finiamo con in campo 5 ragazzi nati dopo il 1990 -Juan Jesus, Kovacic, Benassi, Pasa, Garritano- con Jonathan in ospedale per una lussazione della spalla e Ranocchia costretto a uscire dopo troppe partite giocate sotto infiltrazioni causa problemi al ginocchio. Finiamo con Juan Jesus e Alvaro Pereira ammoniti da diffidati e con una difesa che, tra squalificati e infortunati, per la prossima partita può sperare al massimo nei rientri di Ranocchia, Chivu (probabile) e Nagatomo (quasi impossibile). Finiamo in piena emergenza, guardando andare storta qualsiasi cosa che può effettivamente andare storta.
“Prima o poi girerà” è tutto quello che può dire Stramaccioni, che non può certo colpevolizzare nessuno per quanto visto in questi 90 minuti. La squadra mette in campo tutto quello che ha e ad accorgersene per primi sono i tifosi di San Siro, che iniziano con una contestazione a Moratti e concludono tifando e applaudendo i ragazzi. Anzi, non smettono di tifare neanche per un secondo. E’ l’ennesima stranezza di questa serata in cui, in un calcio fatto di caciara e inciviltà dove anche i tifosi juventini non trovano niente di meglio da fare che “festeggiare” lo scudetto con razzi e bombe carta costringendo l’arbitro a 6 minuti di sospensione (chissà Tosel dove stava guardando), la Curva Nord si distingue per educazione e civiltà, mettendo in scena la protesta più sobria mai vista: dodici striscioni con altrettante domande a Moratti all’inizio della partita e poi solo tifo, tifo e tantissimo tifo. Tanto che chiunque deve applaudire alla civiltà della protesta e lo stesso Moratti, a fine partita, dovrà ammettere “Anche io da tifoso avrei messo quegli striscioni, non posso essere risentito con i nostri tifosi“.
Non le uniche dichiarazioni della serata di Moratti in realtà. Un Moratti insolitamente tranquillo e pacato che, prima della partita, aveva detto “vedremo grandi cambiamenti in società questa estate“. Vedremo, perché sarebbe anche l’unica risposta sensata da dare a quelle 12 domande. Sperando, purtroppo, che questa estate arrivi presto e che gli ultimi 180 minuti di questa maledetta stagione passino in fretta.
E a questo, davvero, non eravamo più abituati.
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