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Questo significa che il mercato sviluppato a gennaio — il 32enne Taremi e il 30enne Zielinski, scritturati a scadenza — sarà l’ultimo di un certo tipo? Piano. Taremi e Zielinski sono figure preziose nell’ottica dell’instant team, la squadra allestita ai tempi di Conte che Simone Inzaghi ha mantenuto in alto malgrado le cessioni di Hakimi, Lukaku e Onana.
Ma prima di vedere perché, aiutiamoci con qualche numero. Il ventesimo scudetto è arrivato alla lontana, perché 19 punti di vantaggio sulla seconda vogliono dire campionato in cassaforte a fine febbraio. Una superiorità schiacciante, fotografata dal primato in tutte le graduatorie (punti e gol sia in casa sia in trasferta, sia all’andata sia al ritorno) e dal particolare che le due sole sconfitte siano arrivate dalla stessa rivale, il Sassuolo, squadra per di più retrocessa. Chiari incidenti di percorso. Tutto sommato, la scorsa stagione l’Inter ha giocato poco, 49 partite soltanto, contro le 57 della stagione precedente (finale di Champions); 49 contro le 57 del Manchester City, le 55 del Real Madrid, le 53 di Paris St.Germain e Bayer Leverkusen, e ricordiamo che Ligue 1 e Bundesliga sono format a 18 squadre. Sommer a parte, soltanto Mkhitaryan (3526) e Barella (3503) hanno passato la soglia dei 3500 minuti stagionali. Rodri e Valverde, per dire, sono ben sopra 4000.
La stagione che inizia sabato 17 con Genoa-Inter (subito uno dei pochi match in cui i nerazzurri l’anno scorso lasciarono dei punti) ha tutt’altro potenziale di gare: la massima proiezione, quella in cui si arriva fino in fondo in tutte le competizioni — c’è la novità del Mondiale per club di giugno e luglio — parla di 67/69 match. Non saranno così tanti, ma un rendimento ovunque discreto avvicinerebbe la fettuccia delle 60 partite, e dunque a Inzaghi occorrono due cose: una rosa allargata, e un’alternanza più accentuata. Zielinski e Taremi sostituiscono Klaassen e Sanchez migliorando molto le due posizioni, almeno sulla carta, e dunque iscrivendosi a un turnover da 2000 minuti almeno (l’anno scorso Klaassen 352’ e Sanchez 1110’). E ferma restando la titolarità a centrocampo del terzetto Calhanoglu- Barella-Mkhitaryan, perché il reparto mantenga sempre la sua freschezza saranno necessari i balzi (non i passi) in avanti da parte di Asslani (1065’) e soprattutto Frattesi (1554’).
L’anno scorso l’Inter si è trovata per quindici volte avanti di due gol al 70’: la situazione ideale, né ansiosa né scontata, per consentire a un ragazzo di fare esperienza. Sempre un anno fa Thierry Henry, uno degli analisti più stimati a livello europeo, tenne su Sky UK una masterclass sul gioco di Inzaghi esaltandone l’attacco con due punte centrali — Lautaro e Thuram sono una grande coppia — e la particolare capacità di Simone di interpretare le sfide andata/ritorno, citando infine le molteplici difficoltà proposte a Guardiola nella finale di Istanbul. Come a volte succede, il riconoscimento dall’estero — scevro quindi dai sospetti di tifo — ha finito di convincere tutti di quanto sia cresciuto quest’allenatore che ha la stabilità nel proprio dna: dopo cinque stagioni piene alla Lazio, inizia ora la quarta all’Inter. L’ovvio traguardo che si pone, dopo una finale di Champions e uno scudetto in solitaria, è il perseguimento di entrambi gli obiettivi. Due anni fa il bilancio delle gare di campionato prima e dopo la Champions fu di 9 vittorie, 1 pareggio e 9 sconfitte (e l’Inter chiuse la A quarta); l’anno scorso fu di 13 vittorie e 3 pareggi (e in Champions uscì agli ottavi). Trasparente quindi l’intento di privilegiare lo scudetto, espresso attraverso l’uso dei titolari. Occorre un riequilibrio, e forse un uomo in più, uno in grado di cambiare le dinamiche offensive quando necessario: da qui a fine mese, il nome di Federico Chiesa ricorrerà spesso".
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