LEGGI ANCHE
La stagione che inizia sabato 17 con Genoa-Inter (subito uno dei pochi match in cui i nerazzurri l’anno scorso lasciarono dei punti) ha tutt’altro potenziale di gare: la massima proiezione, quella in cui si arriva fino in fondo in tutte le competizioni — c’è la novità del Mondiale per club di giugno e luglio — parla di 67/69 match. Non saranno così tanti, ma un rendimento ovunque discreto avvicinerebbe la fettuccia delle 60 partite, e dunque a Inzaghi occorrono due cose: una rosa allargata, e un’alternanza più accentuata. Zielinski e Taremi sostituiscono Klaassen e Sanchez migliorando molto le due posizioni, almeno sulla carta, e dunque iscrivendosi a un turnover da 2000 minuti almeno (l’anno scorso Klaassen 352’ e Sanchez 1110’). E ferma restando la titolarità a centrocampo del terzetto Calhanoglu- Barella-Mkhitaryan, perché il reparto mantenga sempre la sua freschezza saranno necessari i balzi (non i passi) in avanti da parte di Asslani (1065’) e soprattutto Frattesi (1554’).
L’anno scorso l’Inter si è trovata per quindici volte avanti di due gol al 70’: la situazione ideale, né ansiosa né scontata, per consentire a un ragazzo di fare esperienza. Sempre un anno fa Thierry Henry, uno degli analisti più stimati a livello europeo, tenne su Sky UK una masterclass sul gioco di Inzaghi esaltandone l’attacco con due punte centrali — Lautaro e Thuram sono una grande coppia — e la particolare capacità di Simone di interpretare le sfide andata/ritorno, citando infine le molteplici difficoltà proposte a Guardiola nella finale di Istanbul. Come a volte succede, il riconoscimento dall’estero — scevro quindi dai sospetti di tifo — ha finito di convincere tutti di quanto sia cresciuto quest’allenatore che ha la stabilità nel proprio dna: dopo cinque stagioni piene alla Lazio, inizia ora la quarta all’Inter. L’ovvio traguardo che si pone, dopo una finale di Champions e uno scudetto in solitaria, è il perseguimento di entrambi gli obiettivi. Due anni fa il bilancio delle gare di campionato prima e dopo la Champions fu di 9 vittorie, 1 pareggio e 9 sconfitte (e l’Inter chiuse la A quarta); l’anno scorso fu di 13 vittorie e 3 pareggi (e in Champions uscì agli ottavi). Trasparente quindi l’intento di privilegiare lo scudetto, espresso attraverso l’uso dei titolari. Occorre un riequilibrio, e forse un uomo in più, uno in grado di cambiare le dinamiche offensive quando necessario: da qui a fine mese, il nome di Federico Chiesa ricorrerà spesso".
© RIPRODUZIONE RISERVATA