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La scelta di andare via è tutta sulle spalle di Paulo. E lui a dover valutare se guadagnare 25 milioni in tre anni, oppure, restare nella capitale, guadagnarne 9, puntare al rinnovo (bastano una decina di partite) e giocare in un campionato competitivo che potrebbe restituirgli la convocazione in nazionale. C'è da aggiungere, però, che nessuno nella Roma sta facendo di tutto per trattenerlo, anzi si cerca di evitare il più possibile il contatto con i tifosi, come accaduto a Cagliari, che potrebbero girare dei video che diventerebbero facilmente virali indirizzando l'opinione pubblica contro la proprietà. Più si avvicina la fine del mercato più le pressioni per spingerlo in Arabia Saudita diventano pesanti. I dirigenti lo hanno pregato di valutare l'offerta araba senza rispedirla al mittente come ha fatto i primi di agosto.
"A quel punto sarebbe cominciato il braccio di ferro: da una parte la Roma che ha bisogno di monetizzare perché ha un parco calciatori poco attraente (Smalling, Zalewski, Abraham), dall'altra Paulo che non è per nulla convinto di sparire dal calcio che conta. La proprietà non ha fatto eccezioni al suo modus operandi e non si è mai fatta sentire con l'argentino nonostante sia in corso una trattativa delicatissima. Lo spogliatoio non sta smuovendo mari e monti affinché lui resti. Sembra quasi che sia diventato uno di troppo, uno stipendio da pagare in cambio di poco o nulla. Una sorta di esubero", aggiunge il Messaggero.
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