Intervistato da La Gazzetta dello Sport nel giorno del suo compleanno, il difensore dell'Inter Francesco Acerbi ha parlato del momento dei nerazzurri e anche del suo futuro:
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Acerbi: “Inter, voglio restare. In Champions possiamo sorprendere. Skriniar? Conta l’impegno”
«Che nella vita è sempre necessaria una sfida. A me è servita, prima con mio padre, poi con la malattia. Ora la sfida è con me stesso. Ed è quella giusta, che tutti dovremmo affrontare. Perché è quella che ti fa avere sempre l’ambizione di migliorare».
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Lei, prima della partita con il Napoli, aveva detto che vincendo avreste potuto riaprire lo scudetto. E invece...
—«E invece c’è stato il pari con il Monza, che per una squadra come l’Inter non deve accadere. Il Napoli è una macchina da guerra, ma non dirò mai che per lo scudetto è finita: abbiamo ancora il 5% di possibilità e dobbiamo crederci. Loro dovrebbero rallentare, ma noi dobbiamo pensare di poter vincerle tutte».
Quanti rimpianti per i 6 k.o. in campionato?
—«Avremmo dovuto avere 5-6 punti in più. E allora, con lo scontro diretto di ritorno ancora da giocare, il distacco sarebbe stato meno duro...».
Perché l’Inter funziona con le grandi e poi fatica con le piccole?
—«Prendiamo l’Empoli come esempio: inconsciamente pensi di poterla vincere in qualche modo, ma a volte non basta. E magari ti capita un imprevisto. Nelle gare “secche” c’è una motivazione diversa, ma quella fame dovremmo averla sempre. Se abbiamo la cattiveria giusta, vinciamo: su questo non ho dubbi. A volte, però, ci è mancato un po’ di mordente».
È una buona notizia per la sfida con il Porto? Può essere l’Inter la sorpresa della Champions?
—«Se stiamo bene tutti, possiamo essere noi la sorpresa. Il girone ci ha dato fiducia: il Porto è forte e fisico, ma possiamo batterlo. E poi, una volta ai quarti, tutto può succedere: dipende da forma, morale, fortuna. E noi ci arriviamo con Lukaku e Brozo in più».
Risposta secca: nel 2023-24 sarà all’Inter?
—«Non lo so, è la verità. Vorrei restare, qui sto bene. Anzi, una cosa la so per certa: non arriverò un’altra volta ad agosto senza conoscere il mio futuro. A luglio voglio sapere dove giocherò. Spero si trovi una soluzione al più presto per il mio riscatto: ho 35 anni, ma sto benissimo fisicamente e mentalmente».
La dote migliore di Inzaghi?
—«È intelligente, simpatico, empatico, sempre positivo. È fortunato, ma la fortuna se la va a cercare e la merita. Un profondo conoscitore di calcio, sa tutti i giocatori del mondo: incredibile! Ed è uno che attrae le persone. Da Roma a Milano, è rimasto lo stesso».
Come ha vissuto lo spogliatoio il caso Skriniar?
—«Sapevamo tutti che aveva un’offerta Psg, ma non ci ha mai detto nulla. E a noi interessava poco... Abbiamo sempre visto l’impegno, questo ci importava. Poi a fine anno sarà un dispiacere vederlo andare via e non sarà facile sostituirlo: i giovani difensori bravi sono pochi e costano, vedi Scalvini».
Lautaro, Lukaku, Dzeko: chi è il più difficile da marcare?
—«È un piacere avere Lautaro come compagno, per come lotta in campo mi ha impressionato. Lukaku se sta bene è devastante, non è marcabile. Edin ha un’eleganza fuori dal comune: anche se sta così così, 2-3 soluzioni a partita le trova sempre. E poi Correa: è in difficoltà, cerchiamo di aiutarlo, ma vale gli altri».
Se avesse avuto la testa di adesso pure da giovane, avrebbe avuto una carriera migliore?
—«Un tempo pensavo che con un’altra testa avrei fatto 15 anni nel Milan ad alti livelli. Ma oggi dico di no. Senza la malattia, a 28 avrei smesso. O sarei in B, che ne so, al Cittadella... Con i tumori è iniziata la mia vera carriera: mi hanno dato una seconda possibilità».
Ci spiega lo sguardo al cielo prima di ogni partita?
—«Ho una preghiera, tutta mia: è lunga due pagine, ma ci metto 40 secondi a dirla perché la recito a memoria velocissimamente».
Si vede allenatore in futuro?
—«Vorrei farlo. Ma oggi pare quasi una moda, il patentino lo prende anche un idraulico. E va bene, è giusto che tutti abbiano questo sogno. Ma con un limite, si dia la priorità a chi ha giocato. Io mi sento portato, perché capisco i giocatori. E poi ho vissuto tutte le sfumature: ho toccato il fondo e sono andato in alto».
La prima caratteristica che deve avere un allenatore è...: finisca lei la frase.
—«L’empatia. Fa la differenza con i giocatori e viene prima di ogni modulo».
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