Siate sinceri, lo avreste mai detto? Probabilmente (anzi, sicuramente) no. Simone Inzaghi ci ha messo meno di due mesi di lavoro a entrare nel cuore di tutti. Di colpo, questa Inter ha cancellato un'estate per certi versi frustrante, di sicuro colma d'ansie, con buchi neri disseminati qua e là e tanti grigi interrogativi impazienti di trovare risposta. (Quasi) nessuno s'immaginava già a fine agosto armonie così consolidate, spartiti così chiari e piacevoli, un'alchimia così prepotente tra allenatore e gruppo. E il merito va suddiviso tra loro, i calciatori, che non sono scappati e che hanno creduto nelle potenzialità di questo progetto, e un allenatore che ha saputo attendere in silenzio, lavorando e non perdendo la bussola quando gli spifferi di mercato si facevano paurosi.
copertina
Poesia Correa, vittoria di Inzaghi. Inter fiera di chi non scappa: c’è un simbolo sottovalutato
L'analisi di FCInter1908.it della vittoria dell'Inter di Simone Inzaghi al Bentegodi contro l'Hellas Verona per 3-1
Cercando di non lasciarsi andare ai trionfalismi dopo sole due giornate di campionato, al netto di due test (Genoa ed Hellas Verona) da non considerare troppo duri, di certo c'è che questa squadra ha già fatto capire di sapere perfettamente cosa vuole e dove vuole andare. Ha conservato la fame, denti stretti e petto fiero. Gioca sicura, con l'autorevolezza di chi è ormai pienamente consapevole dei propri mezzi (e, in questo senso, quella coccarda tricolore sul petto aiuta non poco) e con una freddezza tale da non permettere a episodi avversi (per informazioni, chiedere ad Handanovic) di scalfire certezze e ambizioni.
L'Inter è entrata in campo martellando, com'era ormai abituata a fare da due anni. Lo ha fatto attraverso sfumature diverse, passando da trame codificate a un palleggio armonico e fluente, frutto di qualità e maggiore inventiva. Non ha fatto una piega quando Handanovic ha di fatto regalato all'Hellas Verona un vantaggio che, in altre circostanze, avrebbe potuto affossare il gruppo; ha ripreso a giocare, a spingere, a creare. E, alla fine, ha portato a casa tre punti di ferro, granitici, da grande squadra degna dello scudetto cucito sul petto.
Un avviso ai naviganti: in un campionato così equilibrato, presentare pacchetti infiocchettati come il regalo fornito a Di Francesco e i suoi è un delitto da non commettere più. Sono episodi che, in altri contesti, possono fare la differenza. Anche contro il Verona, l'Inter ha concesso pochissimo, per non dire nulla. Ecco, sarebbe un peccato mortale avere altre disattenzioni del genere, gettando al vento il lavoro monumentale che la migliore difesa della Serie A riesce a produrre, partita dopo partita. Senza fare nomi, per evitare di correre dietro alla lapidazione social. Vietato ricascarci, però, questo sì.
Bene Lautaro, rientrato al meglio dopo infortunio/squalifica e pienamente dentro la partita e, più in generale, dentro l'Inter. Il mercato è ormai alle spalle, il futuro ha ancora il suo numero 10 sulle spalle e tanta voglia di nerazzurro. Oltre al gol, al netto di una condizione non ancora ottimale, sacrificio e contorni vivi di alcuni colpi di classe visti nella passata stagione. E ora veniamo a Correa.
L'utopia del Tucu
Immaginare un esordio del genere, francamente, sarebbe stato considerato utopico da chiunque. Ma quando hai quella qualità, quella fame e quel senso del calcio, anche l'utopia assume contorni reali. Simone Inzaghi aveva ragione, quando nel prepartita ha definito Correa la ciliegina sulla torta che mancava a questa Inter. Il perché è tutto spiegato nel primo tocco dell'argentino in partita, senza contare la doppietta fantastica e decisiva ai fini del risultato: nei piedi del Tucu c'è un'inventiva che gli altri componenti del reparto offensivo non hanno. E' uno che può regalare giocate, dà variazioni di gioco e tante soluzioni tecniche. Che giochi con Lautaro o Dzeko (o con entrambi), è il classico giocatore che può garantire il salto di qualità a tutta la squadra. E se inizia a segnare così... Ora, quei 31 milioni spesi per portarlo a Milano, di colpo, sembrano anche pochi. Splendido.
E, per finire, sarebbe anche il caso di parlare di un certo Matteo Darmian. Uno che non viene mai colpevolmente nominato, ma che, fin da quando è sbarcato in nerazzurro, ha sempre fatto egregiamente il suo. Quasi in penombra, ritagliandosi meritatamente uno spazio importante. Quella corsa per salvare la palla dal fallo laterale e quel cross per il 2-1 di Correa raccontano gran parte, se non tutto, dell'animo di questo ragazzo. Un animo da Inter, troppo spesso sottovalutato.
PS: Bene anche Vidal. Due presenze in corso d'opera, un gol e un impegno che sembra quello dei tempi migliori. Se Inzaghi recupera anche lui...
© RIPRODUZIONE RISERVATA