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Lei quando l'Italia ha vinto l'Europeo cosa ha fatto?
"Sono stato in piazza, coi miei amici che festeggiavano".
In cosa si sente più albanese?
"Il mio sangue è albanese, in casa ogni tanto parlo la lingua. E con i nonni in Albania mantengo vivo le radici".
A Elbasan dove è nato ci va mai?
"Sì, se con la Nazionale sono a Tirana e ho il pomeriggio libero vado a trovare i nonni".
I suoi genitori le raccontano della loro vita in Albania e dell'arrivo in Italia?
"Sempre. Mio padre è arrivato in Italia con il gommone e mi racconta quanto fosse dura la vita in Albania. Mia madre mi ha avuto a 18 anni e non è stato facile. Hanno sofferto tanto e quello che hanno fatto per me e mio fratello Leonardo che ha 13 anni non ha prezzo: sento di non poterli ripagare, ma ci provo".
Come?
"Quando ho firmato per l'Inter ho portato tutti con me a Milano, anche perché parlano tutti bene della città, ma a 21 anni viverci da solo sarebbe stato un casino. Mia mamma lavorava in una fabbrica di dolci, mio padre per l'azienda degli acquedotti e d'estate stava tutto il giorno al sole: adesso la vita è cambiata".
Fino a tre anni fa d'estate serviva ai tavoli alla «sagra dello stringozzo alla cinta senese»: più complicato fare slalom tra la gente con i piatti in mano o giocare titolare a Firenze una partita chiave per lo scudetto?
"Più difficile giocare quella partita, perché la sentivo molto, non giocavo dal primo minuto da diverso tempo e la Juve era molto vicina a noi: c'era un po' di stress".
Jorginho, Modric, Brozovic, Barella, Pedri. Un girone di grandi centrocampisti: ha un modello o le basta Calhanoglu per crescere?
"Anche Brozovic è un'ispirazione. Vedere lui e Calha allenarsi è stata una delle cose più belle che mi potesse capitare".
È stata una stagione di crescita per lei?
"Senza dubbio. Davanti ho un grandissimo giocatore come Hakan, dal quale cerco di imparare tutti i giorni. Lo ringrazio, anche per la persona che è".
Giocare poco non è facile.
"Ho capito che anche se giochi tre minuti, devi farti trovare pronto. Ma sono migliorato anche nella fase difensiva, sulla quale ho lavorato tanto. E nel gioco con la palla: stando con i campioni migliori in tutto".
Calha usa più il bastone o la carota con lei?
"La carota".
Lautaro invece ha fatto capire in una intervista alla Gazzetta, che con lei ha usato il bastone. È così?
"Certo, ma io lo ringrazio perché mi parla tantissimo, specie fuori dal campo. Non voglio raccontare cosa mi ha detto ma mi ha aiutato tantissimo. Ha fatto bene ad usare il bastone".
Lei è passato dalla Primavera dell'Empoli all'Inter in poco più di sei mesi. È stato complicato mantenere l’equilibrio?
"Ci penso sempre, perché sono arrivato a Milano dopo 13 partite da titolare a Empoli".
Inzaghi l'aiuta a diventare un giocatore da grande squadra?
"Sa quando venire a parlarti e quando non è il momento: mi aiuta tantissimo".
È nato il 9 marzo come l'Inter: è anche la sua squadra del cuore?
"Sì, la passione nasce da uno zio, molto interista. Però mi piaceva tantissimo anche Kakà".
Un'Italia con il blocco Inter è ancora più pericolosa?
"Sì. E chiaramente è favorita".
I suoi compagni in una-due parole: Barella?
"Barella: qualità e quantità. È uno dei più forti al mondo e spero domani ci sia. Bastoni: eleganza. Dimarco: piedino fatato. Darmian: il nostro principe. Frattesi: stupido! No, scherzo (ride). Grande forza fisica e grandissimo amico: l'ho sentito, speriamo non segni con noi".
Vi siete aiutati?
"Parliamo spesso, anche lui nell'Inter ha giocatori fortissimi davanti e deve essere contento della sua stagione. È un grande professionista".
Asllani?
"Un bravo ragazzo".
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