Nicolò Barella, centrocampista dell'Inter, ha concesso un'intervista ai microfoni di France Football. Prima di tutto il classe '97 ha parlato di Antonio Conte e del suo metodo di lavoro: "Ha le sue linee guida, quelle che conosciamo da anni, devi solo guardare le partite, si vede. È così competente in tutto, non solo mentalmente, ma anche tattica, nell'allenamento. Non è facile entrare nei suoi meccanismi. L'anno scorso eravamo una squadra di Conte; quest'anno siamo la squadra perfetta di Conte. L'obiettivo è vincere, non c'è altra scelta. Sapevo che la possibilità di vincere era reale con lui. Anche lo scorso anno, ma avevamo probabilmente bisogno di capire l'allenatore e la sua mentalità.
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Inter, Barella: “Noi la squadra perfetta di Conte. Ci criticano? Rispondo così”
Le parole del nerazzurro a France Football: "L'anno scorso eravamo una squadra di Conte; quest'anno siamo la squadra perfetta di Conte"
La seconda stagione l'abbiamo iniziata per vincerla. L'arrivo di Conte è stato quel qualcosa in più che mi ha convinto a scegliere l'Inter. Il club è stato bravo a prendere lui come allenatore e lui a scegliere il gruppo. Ha dato un grande impulso. È uno molto diretto: se qualcosa non gli piace non fa tanti giri di parole. E poi andiamo sempre a mille all'ora. A volte ci dice che è come un fratello maggiore. È vero: il rapporto è diretto e sincero. Quando non giocavo ci siamo parlati. Arrivavo da Cagliari dov'ero il protagonista, ero abituato al posto sicuro. Ho dovuto fare un lavoro mentale per il salto di qualità".
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LE CRITICHE AL GIOCO DELL'INTER - "Allenatori, ex giocatori, giornalisti, ognuno ha le sue idee e io rispetto le loro opinioni. Ma prima che l'Atalanta facesse sei gol a partita, eravamo il miglior attacco: abbiamo la miglior difesa, abbiamo vinto lo scudetto. Perché criticare una squadra che ha fatto tutto questo? Diciamo che preferiamo un altro stile di gioco: sì al possesso, ma l'Inter ha optato per un gioco in linea con le sue caratteristiche. Perché fare possesso quando puoi andare dritto in porta con "Lauty", "Romy" e Hakimi?".
LA STAGIONE LUNGA - "A volte mi sentivo molto stanco prima delle partite, al punto da chiedermi: 'Come giocherò?'. In particolare, nella pause della nazionale ci sono sempre state tre partite. Ma con il nostro lavoro e la nostra passione, la fatica passa in secondo piano. E poi c'era uno scudetto in gioco, quindi abbiamo fatto quel sacrificio fisico".
IL RUOLO NELL'INTER - "Tra i centrocampisti sono io quello che cura un po' di più la fase offensiva, che fa da tramite tra il centrocampo e l'attacco. (Marcelo) Brozovic e (Christian) Eriksen si occupano di più di far girare la palla, io mi inserisco come chiede l'allenatore. Oppure cerchiamo (Achraf) Hakimi sulla destra di cui conosciamo la velocità".
LA NAZIONALE - "Sarò sempre riconoscente a Mancini, perché ha fatto di me un titolare senza guardare alla maglia che portavo, allora del Cagliari. Ha creato un clima sereno, non semplice visto che vanno cancellate anche certe tensioni di campionato. Jorginho mette ordine al gioco, dà il pallone al momento giusto. Verratti, bisogna sparargli per toglierglielo: è il giocatore di talento della squadra, con Insigne. L'obiettivo all'Europeo è di giocarcela fino in fondo".
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