Per lei il 5 maggio è la disfatta del 2002 o l'inizio della leggenda del Triplete?
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Può essere entrambe le cose. Non essendo a conoscenza di quello che sarebbe venuto dopo, nel 2002 eravamo disperati per quello che era appena accaduto. Una disfatta. Non potevamo sapere quello che sarebbe venuto dopo.
Dato che molti non conoscono la storia, ci racconta come e dove ha visto la finale di Madrid?
Dopo la partita contro il Barcellona, mi misi a dormire. Ma alle 2.30 del mattino squillò il telefono: mia figlia. Mi disse: 'Mi sono laureata, vieni alla mia festa?'. E quand'era la festa? Esattamente il giorno della finale. Ecco. Ho cercato in tutte le maniere di trovare una soluzione area, che mi portasse prima alla partita e poi nel Vermont. Ma è stato impossibile. Mi recai negli USA, dove non sapevano che cacchio fosse la Champions. La fortuna volle che fui inviato in un bar dove facevano vedere la partita in mezzo alle montagne. Era un bar di tedeschi. Lo schermo coperto da nazi con la maglia del Bayern. Ero l'unico italiano, come Nino Manfredi in Pane e Cioccolata. Ordinai da mangiare. Mi portarono un piatto fatto da tre wurstel bianchi, che erano più che altro tre dildo che non vedevo dai tempi dei porno con John Holmes. Quando segnò Milito, volevo gridare gol, ma uscì in realtà una raccolta dell'umido. I tifosi tedeschi mi guardarono, pensai che quello sarebbe stato il mio ultimo suono emesso. Invece furono comprensivi. Dopo il secondo gol, in loro c'era mestizia, ma mi dissero: 'Bravo, bravo, il mangia-spaghetti vince Coppa'. Andai alla festa di mia figlia contento, ma arrabbiato con i miei amici che mi mandarono le foto della festa a Madrid e a Milano.
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