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Un trasferimento storico, un colpo da novanta per un calciomercato che vedeva la Serie A padrona delle trattative, e l'Inter grande protagonista. Nel 1997 la squadra nerazzurro prelevò Luis Nazario De Lima Ronaldo dal Barcellona, e tutto grazie anche al grande lavoro di Giovanni Branchini, che con Reinaldo Pitta e Alexandre Martins riuscì a portare a Milano l'attaccante brasiliano.
“Sì, stava bene a Barcellona, bellissima città, una stagione formidabile, con la consacrazione a livello mondiale del proprio talento a soli 20 anni. Conquistò immediatamente tutti” - ha confessato lo stesso Branchini in un'intervista esclusiva a Calciomercato.com.
Un trasferimento storico avvenuto grazie all'inserimento, per la prima volta, di una clausola che permetteva al giocatore di interrompere il contratto: “Il problema era dovuto al fatto che secondo la legge, così come era scritta, il lavoratore doveva pagare di tasca propria per interrompere il contratto. Ma Ronaldo non avrebbe certo avuto 53 miliardi di lire. Così proposi una modifica, ovvero che al calciatore si riservasse il diritto di indicare una qualsiasi entità o club in grado di pagare la clausola al suo posto. Ovviamente la proposta fu subito oggetto di contrattazioni infinite ma alla fine venne accettata: si sarebbe rivelata poi determinante per il trasferimento in Italia".
All'epoca non c'era solo l'Inter sul giocatore, ma anche due italiane, la Lazio di Cragnotti e il Celtic: "Vogliamo provare a vincere la Champions. Può anche non giocare il campionato, se Ronaldo lo desidera, è il mercoledì che ci serve”. L'Inter però era interessata a Ronaldo già da tempo:"Ancora ai tempi di Pellegrini - ricorda Branchini - fui contattato da Marino Mariottini, il ds di allora. Ronaldo giocava nel Cruzeiro e non era neanche maggiorenne. Costava qualche centinaio di migliaio di dollari, una discreta somma comunque per un giovanissimo. Mariottini se ne era letteralmente innamorato durante un viaggio in Brasile. Poi non se ne fece nulla. La seconda volta era accaduto appena dodici mesi prima. Ronaldo, che giocava ormai in Olanda, arrivò con la fidanzata a Milano per fare shopping. In quell’occasione Moratti venne a saperlo e chiese di conoscerlo. Glielo presentai negli uffici della Saras, andammo là per un breve saluto”.
E dire che il fenomeno era vicinissimo al rinnovo con il Barcellona: "Purtroppo per Moratti e gli altri pretendenti raggiungemmo l’accordo - svela Branchini - Era primavera inoltrata e Ronaldo si trovava in Francia per la Confederations Cup. Fu indetta immediatamente una conferenza stampa per svelare nei dettagli i particolari di un'intesa che teneva col fiato sospeso mezzo mondo. Ricordo che entrai nella sala stampa gremitissima degli uffici del presidente, l'Impresa Nunez y Navarro. Tensione a mille. Prima parlarono loro: il rinnovo è cosa fatta, abbiamo trovato l’accordo su tutto. Avevamo patteggiato per un accordo tutto sommato accettabile: 85% dello stipendio sul contratto federale e un ragionevole 15% di diritto d’immagine, come da consuetudine in Spagna, di molto inferiore rispetto alle loro proposte iniziali. Venne il mio momento: Branchini, chiesero, è contento? Risposi: Se quello che è stato detto a voce si trasformerà in contratto, sì. Ripeto, non mi fidavo del Barcellona e il fatto che avessero indetto una conferenza stampa ancora prima di firmare mi lasciava qualche sospetto. Uscii dalla sala e chiesi di poter telefonare con un poco di privacy, dovevo chiamare Milano dove Moratti era in fibrillazione: lo informai del raggiunto accordo col club catalano, reagì da signore, come sempre, facendo buon viso a cattiva sorte. Non dev’essere stato semplice. Ci aveva fatto la bocca, ormai… Agenti e dirigenti andarono quindi a mangiare al ristorante mentre in città a Barcellona si festeggiava il rinnovo dell’anno, mancavano solo le firme, una formalità da sbrigare dopo pranzo anche se a tavola ci eravamo seduti quasi alle 18…"
Poi ad un tratto, infatti, tutto cambiò: "Tornammo in ufficio per scrivere verso le 21 e scoprimmo che era cambiato tutto all’improvviso. Quello che avevamo concordato solo tre ore prima non era più vero. Credevo di sognare. In realtà mi angosciai moltissimo, sapevo di dover fare il mio dovere fino in fondo e questo significava rompere il rapporto di lavoro con un club glorioso come il Barcellona. Rientrai in albergo con Pitta e Martins dopo mezzanotte e dopo una lite furiosa con avvocato e presidente del club, il solo vicepresidente Gaspar - sapendo che non stavamo bluffando - ha cercato fino all'ultimo di mantenere un filo di trattativa, ma la proverbiale prepotenza del Barcellona rese impossibile qualunque accordo. Distrutti chiamammo Ronaldo per aggiornarlo e condividere con lui le nostre scelte. Ci seguì in un minuto, molto risentito per come il club si era comportato in tutti quei mesi di negoziazione. Da quel momento il Barça apparteneva al suo passato.”
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