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Esteban Cambiasso ha parlato con Marca, giornale spagnolo, di tutta la sua carriera, compresa l'esperienza all'Inter dove è arrivato a parametro zero e ha vinto tutto. "Ho iniziato a giocare molto presto in Argentina e sono arrivato al Real a sedici anni, qualche mese prima ero stato contattato anche dall'Ajax, ma in Olanda c'è una cultura diversa che ha un po' spaventato la mia famiglia. Così ho deciso di inseguire un sogno e sono andato al Real Madrid".
REAL - "Se mi sono pentito di essere andato così presto al Real? No, le cose sono andate come dovevano andare. Ho avuto la possibilità di tornare a giocare in Argentina dopo due anni in squadra B, avevo bisogno di più concorrenza. Da sempre la politica del Real si è basata su un mix di giovani e giocatori esperti, ma io non ero rientrato nei piani, non era male comunque, è stata una bella esperienza. Se ho lasciato il Real è perché non mi è stata data continuità e visibilità. Mi hanno paragonato a Redondo? E' stato un onore e lo è ancora. Ho giocato sempre sotto pressione al Real Madrid e non era una situazione nella quale mi trovavo bene, ma ho imparato tanto dai giocatori di esperienza del club. Quando sono andato via non ho perso fiducia, ho scoperto chi ero".
INNAMORAMENTI - "Mi piaceva molto Raul, uno dei giocatori più intelligenti con cui ho lavorato. L'Inter mi ha migliorato tantissimo. Sapevo di avere le spalle coperte con Samuel, mi ha dato sicurezza. Avevo sul lato Zanetti con cui mi capivo solo guardandolo. E poi avevo Milito come riferimento in attacco che mi ricordava l'intelligenza di Raul".
L'INTER DI MOU - "Era una squadra che aveva grandissima fiducia in se stessa. Anche quando era tutto in salita. C'erano tante nazionalità in quello spogliatoio, molti erano gli scarti che arrivavano da altri club, ma siamo stati tutti molto uniti. In Europa siamo riusciti a fare un salto, avevamo un allenatore molto ambizioso. Ci sentivamo invincibili anche non essendolo. Le italiane di solito fanno male in finale con le spagnole? No, l'unico club che ha perso ogni finale contro le spagnole è la Juventus. L'Inter ne ha giocato una e ha vinto, il Milan lo ha fatto in diverse occasioni. Il calcio è bello perché permette di fare un sacco di analisi, ci sono tante variabili, il fisico, la tenuta psicologica e non c'è niente di peggio che la stanchezza mentale. Non è questione di essere allenati male, ma quando si gioca con la palla tra i piedi ci si stanca di meno. A Madrid è una buona abitudine e non è un caso se il Real ha tutte quelle Champions". IL FUTURO - "Che tipo di allenatore vorrei essere? Un allenatore si deve sapere adattare alle circostanze, ma vorrei capire pienamente i problemi di ogni giocatore e della squadra, questa secondo me è la chiave. Devi saper convincere il giocatore a fare quello che vuoi. No, non ho paura del ritiro. Fisicamente mi sento bene, quindi non sto pensando di appendere le scarpe al chiodo. Quello che voglio è quello di continuare a giocare responsabilmente ma con emozioni forti. GLI ALLENATORI - "Mourinho è arrivato in una fase diversa della mia carriera. Controlla ogni dettaglio, vive il calcio al cento per cento e ottiene il massimo dalla sua squadra. Mi sono piaciuto molto i suoi allenamenti perché erano intensi per tutti anche per chi non giocava nelle gare, quindi tutti erano sempre in forma".
SIMEONE - "Il Cholo trasmette quello che è, è autentico e questo genera credibilità, la caratteristica più importante per essere un leader. All'Inter? Credo che sia una meta idonea e lo ha detto anche lui, non lo scopro certo io. Poi ovviamente dipenderà dai giocatori che avrà a disposizione etc. Ma ci sono grandi possibilità che vada all'Inter in futuro".
(Fonte: marca.com)
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