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Esteban Cambiasso, dal ritorno dall'Indonesia, ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport.
Cambiasso, dopo 7 anni vincenti una stagione senza trofei. Come si sente?«Se dopo 7 anni di successi il prezzo da pagare era questo, vabbene, ci sto. Tanti la penserebbero come me. Le vittorie del passato, però, non ci fanno pesare di meno una stagione in cui le cose non sono andate come volevamo. Eravamo abituati bene e quando non vinci soffri»
Quanto hanno influito i cambi d’allenatore?
«Non c’è un solo perché per quello che successo. Diciamo che i due esoneri sono stati la fotografia della stagione».
Qual è stata la critica mossa all’Inter che più le ha dato fastidio?«L’accusa di essere una squadra senza più fame. Secondo voi Jordan, Federer, Nadal o gli All Blacks possono perdere la voglia di vincere? Chi è abituato a vincere, soffre di più quanto non ci riesce».
Quanto i senatori venivano accusati di decidere tutto all’Inter cosa ha pensato?«Mi sono sentito parte di un gioco giornalistico al quale però sono abituato da quando ho 15 anni. Ho preferito non parlare e nell’unico momento in cui ho avuto qualcosa da dire, l’ho fatto attraverso un comunicato stampa, perché non fosse cambiata nessuna virgola del mio pensiero».
Si riferisce al comunicato dopo il pianto contro il Catania.«Non piansi per la sostituzione, ma per il momento che la squadra stava vivendo. Era un pianto di rabbia per una situazione alla quale non avrei mai voluto arrivare. Sentivo dire che io ero intoccabile, eppure sono stato fuori nella partita decisiva di Champions contro il Marsiglia, a Torino contro la Juve e l’anno prima contro lo Schalke ’04».
Pensa che le lacrime contro il Catania l’abbiano fatta entrare ancora più nel cuore dei tifosi nerazzurri?
«Non ho pianto con questo obiettivo e non era una cosa “pensata”. Comunque c’era talmente tanta vicinanza tra me e i tifosi anche prima, che non penso fosse possibile da rafforzare».
Lei è stato titolare con Mancini, Mourinho, Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri e Stramaccioni. Qual è il suo segreto?«Ho avuto la fortuna di trovare allenatori che credevano in me. Se è capitato con tutti, il merito è delle mie caratteristiche, calcistiche e non».
Cambiasso pensa di poter dare ancora molto all’Inter?«Sì, ne sono convinto. Ci sono campioni più anziani di me che giocano e vincono in altre squadre e io non mi sento finito. Credo di poter essere utile sia dentro che fuori dal campo».
Per scacciare i fantasmi del 2011-12, quanto sarà importante partire bene la prossima stagione?«All’Inter c’è l’abitudine di mettere nel cassetto la stagione precedente quando inizia quella successiva. Ci siamo comportati così anche dopo il triplete. Vogliamo partire bene perché in Italia rincorrere è sempre più stancante e la pressione è tanta».
E’ giusto rifondare la squadra o bastano pochi ritocchi?
«Certi discorsi non spettano a me, ma ai dirigenti. Io devo recuperare palloni in campo e far ripartire l’azione. Se esprimo un giudizio do’ da mangiare a chi dice che c’è gente nello spogliatoio dell’Inter che decide gli acquisti e la formazione».
E’ vero che all’Inter c’è un clan argentino dominante?«La storia dei clan è stata tirata fuori da Ibrahimovic, nel suo libro che parlava di tante cose. Quando uno dice che i clan ci sono, fa molto rumore. Se poi altri 100 sostengono il contrario, fanno meno rumore. E’ come allo stadio: 10 che fischiano si sentono di più di 100.000 che rimangono in silenzio. All’Inter ci sono legami normali di amicizia come in tutte le aziende
L’Inter può lottare immediatamente per lo scudetto con la Juventus?«Il prossimo anno ripartiremo tutti da zero e la Juve non sarà a +26 come adesso. E poi nello sport è più difficile confermarsi che vincere. Neppure il Barcellona è riuscito a vincere 4 campionati di fila, tanto per fare un esempio».
La Juve ha meritato il tricolore?«Chi vince lo fa sempre con merito. Soprattutto in campionato, una competizione con 38 giornate incidono poco gli errori arbitrali e la fortuna. Se hai la squadra più forte, vinci».
E’ stato lo scudetto numero 28 o numero 30 per la Juve?«Non capisco perché non mi chiedete quanti ne hanno vinti il Milan, il Genoa o il Torino. Quando ci sono i numeri, non c’è una risposta soggettiva. La matematica non è un’opinione».
Cosa l’ha impressionata di più della Juve?«Conte e i giocatori hanno retto bene alla pressione di essere in testa dopo che negli ultimi anni non erano più abituati».
Messi è sempre più vicino a lei nella classifica degli argentini più vittoriosi.«Essere superati da Messi è un onore e state certi che mi supererà di sicuro. Da dieci anni, compresi quelli al Real e al River Plate, vincevo almeno un trofeo. E’ bastato un anno senza e si è avvicinato molto…».
Dovrà chiedere a Mourinho di fermarlo…«A José ho fatto i complimenti per la vittoria del campionato. Idem al Mancio».
Cosa è successo quest’anno a Forlan?«Mi fate la domanda su Forlan, ma potreste farmela su altri 15-20 giocatori dell’Inter di questa stagione. Quando la squadra va male, i singoli ne risentono. Nessuno è stato davvero all’altezza dell’Inter».
Palacio è pronto per indossare la maglia nerazzurra?«Siamo stati compagni qualche volta in nazionale e molte volte avversari. All’inizio della sua carriera era molto meno goleador di adesso e pensava più agli assist e ai cross. L’Italia gli ha dato molto».
Arriva all’Inter al momento giusto?«Difficile dirlo, magari avrebbe potuto far bene anche prima. L’importante è che arrivi da noi e che abbia questa opportunità. Ha già indossato la maglia di una grande squadra come il Boca Juniors e non avrà difficoltà ad adattarsi».
Cosa può dare Palacio all’Inter?«Ci può fare molto comodo, ma speriamo soprattutto che la squadra lo aiuti molto. Vorrebbe dire che la prossima stagione sarà diversa rispetto all’ultima che è finita».
Anche Lavezzi può essere importante per l’Inter?«Sui giornali leggo tanti nomi di campioni accostati all’Inter, ma qualcuno si dimentica che qui c’è già una rosa importante. Vedremo quello che succederà da qui al 31 agosto».
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