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Lui che sembra stato congelato in un’epoca antica perché noi posteri potessimo godercelo. Il condottiero delle mille e una notte nerazzurra che ha conquistato la new generation di interisti con le sue cavalcate leggendarie e il suo ciuffo da bravo ragazzo. Lui che di barbarico non ha nulla, ma che ci ha invaso il cuore appena è arrivato all’Inter. Capitan Javier Zanetti, semplicemente Saverio, si lascia intervistare a bordo del vascello de “Le Invasioni Barbariche” di Daria Bignardi, su La7, che lo definisce ‘l’eroe della settimana’ per quel gol in Champions contro il Tottenham. “Dodici anni, che non segnavo in Coppa: l’ho fatto apposta, sapevo di dover venire qui”, dice col suo sorriso gentile alla conduttrice. “Pazza notte interista, da 4 a 0 a 4 a 3? Lo dice anche la canzone, siamo pazzi, non possiamo mai stare tranquilli fino all’ultimo minuto: noi interisti siamo così”. “Benitez? Ci ha un po’ sgridati, ma alla fine i tre punti sono stati portati a casa”.
La Bignardi chiede al Capitano l’impossibile: “Posso spettinarti i capelli?”. Lui sorride, ma: “Solo mia figlia e mia moglie possono toccarli. Tanti mi chiedono di poterlo fare, ma sono così dalla nascita, ci tengo”. Poi un po’ di storia de ‘El Tractor’. “Il mio papà era un muratore e io gli davo una mano, ogni tanto. Quando è arrivata la chiamata dell’Inter, non me l’aspettavo così presto, avevo 19 anni e giocavo solo da quando ne avevo 17. Avevo già raggiunto il sogno di giocare in Nazionale. Guardavo il calcio italiano e mi sembrava lontanissimo. Quando mi presero corsi tutto contento a casa: mi sono portato tutta la famiglia in Italia. Ero molto giovane, in un paese nuovo e in una grande città a cui non ero abituato e la vicinanza dei miei genitori mi ha aiutato tantissimo”.
- Perché l’Inter ha cambiato così tanti allenatori?
“Cambiavano tanto perché non vincevamo, non riuscivamo a far arrivare le vittorie e poi si è saputo anche perché. Le sofferenze che abbiamo passato le sappiamo solo noi, qualcosa c’era, ma non trovavamo le risposte. Non riuscivamo a vincere. Potevo andare a giocare in altre squadre, ma volevo aspettare il momento dell’Inter. Il tempo mi ha dato ragione. La nostra società ha accettato le sconfitte e il nostro lavoro è stato ripagato. I calciatori della Juve non c’entrano nulla, loro hanno giocato le partite e hanno fatto il loro dovere”.
-Maradona non ti ha convocato, quanto ti è dispiaciuto?
“Molto perché ho giocato tutte le partite per le qualificazioni, ma ero tranquillo perché avevo dato tutto per andarci”.
- E se ci fossi stato tu cosa avrebbe fatto l'Argentina?
“Io avrei potuto fare del mio meglio”.
- E di Mourinho cosa ci dici?
“Grande uomo, grande professionista, allenatore di grande carattere, sapeva trasmetterlo anche a noi e quando scendevamo in campo sapevamo cosa fare”.
- Hai sposato l'unica donna della tua vita, Paula...
“E’ sempre stata molto importante per me. Quando eravamo ancora separati e lei viveva in Argentina era difficile, ma la distanza ha rafforzato il nostro rapporto”.
- Tu sei sempre così preciso, ma perché non siete riusciti a mettere in riga Balotelli?
“Mario è un talento unico, ma è stata dura stargli vicino. Ascoltava, ma prendeva poi un’altra strada, non so perché. Ha deciso da solo di andare in Inghilterra e spero per lui che vada tutto bene”.
- Te lo ricordi quel coro ‘Non vincete mai’?
“Ce lo cantavano su tutti i campi. Ma resisti perché ci credi, hai fede, è importante per cambiare questa tendenza, credi giorno dopo giorno nel gruppo, nella società e un giorno le cose cambiano e vinci tutto. Da noi è cambiato tutto quando è arrivato Mancini e da lì è partita la serie delle vittorie".
- Hai parlato di fango sull’Inter. Quale fango?
“Ci hanno sempre molto criticato. Per qualsiasi risultato. Non abbiamo protezione dai media, ma va bene così e questa è la nostra forza: soli contro tutti”.
- Vi sentite comodi dopo tutte queste vittorie?
“No, sappiamo che bisogna continuare: la nostra essenza, quella di tutti gli interisti, non cambia”.
- Cos’hai pensato quando Ibra è arrivato al Milan?
“Ibra è stato molto importante per noi. Io qui in Italia sono dell’Inter non potrei cambiare mai squadra perché ho troppo rispetto per questi colori. Dopo una vita con questa maglia non potrei andare altrove”.
- E se l’Inter non ti tenesse quando smetterai di giocare?
“Ho un contratto per altri tre anni, mi sento ancora utile per la mia squadra. Mi piacerebbe dopo il calcio lavorare con i giovani con questa società e rimanere in Italia perché i miei due figli sono italiani. Stiamo bene qui: spero che all’Inter mi tengano”.
Anche noi, immenso Capitano!
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