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Intervistato dalla trasmissione "Confessione Reporter", che andrà in onda questa sera su Italia 1 alle ore 23.50, non da un giornalista ma da un suo ex allenatore, Marco Tardelli, ai tempi dell'Under 21, Antonio Cassano ha parlato a cuore aperto: "La mia carriera? E’ stata colpa mia se non ho avuto una carriera migliore. Pensavo che con la sola qualità si andasse avanti. Ho giocato in grandi squadre,ma ho fatto sempre poco. Ho fatto più casini della grandine. Il 99% delle volte ho sbagliato io, però gli altri mi mettevano nelle condizioni di sbagliare. Passavo dalla ragione al torto in un attimo. Ho fatto il 50% di quello che potevo, ho sempre avuto un modo di allenarmi non professionale.
La famiglia? Mia madre è stata il punto di riferimento della mia vita. Fino ai 17 anni, quando ho iniziato a giocare a calcio da professionista, non sono mai andato a rubare pur avendo vissuto in un ambiente particolare. Mi ha messo sulla via giusta. Mio padre? Mi è mancato zero. Mio figlio? Nel tragitto verso l’ospedale, quando ho avuto l’ictus, non essendo credente ho pensato: "Se c’è qualcuno, fa’ che possa rivedere mio figlio". Ho preso paura ma non della morte, era paura di non rivedere mio figlio. A lui dico, che la cosa più importante è non fare calcio. Questo calcio mi ha stancato, troppa gente finta, troppi".
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