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Quale gioiello più prezioso del bene dell'Inter? Un gioiello da difendere, da tentativi più o meno diretti volti a scalfirlo e da scenari che, ciclicamente, ne mettono a repentaglio l'incolumità. Il bene dell'Inter di questo finale di stagione è uno solo. Si chiama qualificazione alla Champions League. Chi vuole fare il bene dell'Inter dovrà lottare strenuamente per centrarlo, dovrà mettere in secondo piano i propri desideri personali, si dovrà sacrificare in nome del gruppo. E dell'Inter. Per il bene dell'Inter.
Tutto ciò può sembrare ripetitivo, ma non lo è affatto. Nel corso di questa stagione sono scoppiati diversi casi, che hanno contribuito ad agitare l'ambiente. In fondo, c'è sempre qualcosa di più importante del bene dell'Inter. Lo erano, per esempio, le motivazioni che hanno spinto Mauro Icardi a non scendere in campo per più di 50 giorni. E lo erano anche quelle di Ivan Perisic, che sul finire della finestra di calciomercato invernale, aveva deciso che era giunto il momento di chiedere la sua cessione nel nome di una vaga promessa di un futuro in Premier League. Anche in quel caso lì, c'era qualcosa di più importante del bene dell'Inter.
Non smette di ricordarlo e citarlo, Luciano Spalletti. Il bene dell'Inter prima di tutto. Lo ha fatto in numerose occasioni. Ieri è riapparso sui social con un post che ringraziava i suoi calciatori per la professionalità che stanno dimostrando e ricordando che il futuro è oggi. Le partite da giocare sono quelle di questa stagione. Giocando mentalmente quelle della prossima non si arriverà da nessuna parte. Men che meno in Champions League. Su questo punto Spalletti ci ha risposto oggi in conferenza stampa: "Quel che ho fatto è chiaro. Ho reso merito alla serietà e professionalità dei calciatori, che è quello che fa la differenza. Da parte mia non ho nulla da dire". Chiaro il riferimento alle voci su Conte (e l'interrogativo: si starà facendo il bene dei tifosi dell'Inter che leggono la Gazzetta dello Sport?). Voci con le quali Spalletti deve convivere, come molti altri allenatori. Forse più di altri allenatori.
Se c'è una costante nella storia dell'Inter questa è la variabile allenatore. Quando le cose si mettono male o quando nell'aria si profila il germe del desiderio di cambiamento ecco esplodere puntuale la corsa alla panchina. Si tratta certamente di una questione mediatica, che trova però appigli e terreno fertile nell'ambiente. Le voci sul possibile nuovo allenatore si fanno sempre più insistenti replicando inavvertitamente (o quasi) un meccanismo antico. Il meccanismo che libera il gruppo dalle responsabilità, spostandole su un unico colpevole che, in caso di mancato obiettivo, pagherà per tutti. Se c'è un obiettivo per il futuro imminente che l'Inter deve imporsi drasticamente, questo è la gestione delle responsabilità. A ognuno le sue. Senza fraintendimenti. Troppo facile glissare. Alla fine dell'anno i conti andranno fatti con raziocinio, anche alla luce di tutti quei piccoli e grandi casi scoppiati nel corso della stagione. In nome del gioiello più prezioso, senza il quale sarebbe difficile programmare qualsiasi azione. Semplicemente per il bene dell'Inter.
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