A proposito di Nazionale: in quattro mesi da campioni d’Europa ai play off per andare al Mondiale... Che è successo?
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«Abbiamo vinto un Europeo stupendo tutti, anche noi stessi. Quando imprese così, un po’ impreviste, accadono vuol dire che tutto ha funzionato alla perfezione e le stelle erano tutte allineate. Durante il percorso europeo sono cresciuti entusiasmo e fiducia. Ci siamo meritati gli episodi favorevoli: la palla che prende il palo ed entra, il gol di Arnautovic annullato per un niente, il giocatore che si fa male e chi lo sostituisce risolve la partita, le sfide con Spagna e Inghilterra vinte ai rigori... Dopo che diventi campione però, crescono le pressioni, gli altri contro di te giocano la partita della vita, le aspettative aumentano. E magari ti capita che la palla dopo aver preso il palo stavolta esce, che il gol avversario è valido e che sbagli due rigori con la Svizzera tirati da uno, Jorginho, che non li sbaglia mai. L’Italia deve recuperare la magia, l’alchimia giusta, la rabbia. E sperare che le stelle tornino ad allinearsi».
In queste mesi Mancini ha continuato a predicare ottimismo: non era meglio far salire un po’ la paura?
«Ha voluto trasmettere positività all’ambiente. Non è mancanza di umiltà, ma voglia di trasferire consapevolezza di essere forti. Ma la paura di fallire è sana, se serve a tenere alta la tensione».
Manca un grande attaccante.
«Non abbiamo top player come Lukaku o Kane. Però non sviliamo Immobile. Per me resta imprescindibile. Viene sottovalutato il lavoro che fa: ogni partita invece corre più di tutti, attacca la profondità, lotta».
Ce la faremo a qualificarci?
«Spero di sì. C’è solo un avversario da temere: il Portogallo. È una squadra forte, piena di giocatori di qualità, non solo Ronaldo. Le altre non mi preoccupano, ma con loro la sfida è alla pari».
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