- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
copertina
La vittoria contro il Milan, arrivata una settimana dopo l'affermazione netta contro la Lazio, ha esplicitato in maniera ancor più evidente quanto Antonio Conte sia riuscito nell'intento di modellare e plasmare in via definitiva la sua Inter facendola diventare la sua creatura. Il 3-1 ai biancocelesti ha permesso alla squadra di fare un primo step ma è il derby vinto che ha fatto scattare un altro click ad un gruppo sempre più coeso, unito e orientato verso l'unico obiettivo chiamato Scudetto. Contro i rossoneri, l'Inter è scesa in campo con la giusta ferocia e cattiveria agonistica ma è bene sottolineare come Conte abbia preparato il derby in maniera esemplare, annullando (quasi) totalmente l'attacco rossonero, eccezion fatta per i primi minuti della ripresa, quando Handanovic è salito in cattedra con parate decisive. Per il resto è stato un autentico dominio e anche le statistiche parlano chiaro tanto quanto il risultato finale.
L'Inter 2.0 di Antonio Conte ha cambiato completamente faccia: l'eliminazione dalle Coppe, datata inizio dicembre, sembrava aver compromesso la stagione per l'ennesimo anno e al contempo anche il prosieguo del tecnico salentino in panchina è finito in discussione, con il nome di Allegri già indicato da molti addetti ai lavori come principale candidato per l'estate 2021. Fare l'allenatore, però, è un mestiere complicato e Conte ha dimostrato e sta dimostrando perché l'Inter abbia (giustamente) fatto carte false per prenderlo con un contratto da top. Nel momento di maggiore difficoltà, Antonio è stato in grado di compattare il gruppo e trarre il massimo dai suoi giocatori. Uno su tutti quel Christian Eriksen che il 9 dicembre 2020 ha giocato appena 6' contro lo Shakhtar Donetsk e che ora, dal gol in Coppa Italia al Milan, è partito titolare in quattro delle ultime sei partite in un ruolo forse atipico ma funzionale all'idea di Conte e al progetto nerazzurro. Eriksen, oltre all'impegno, ha un'altra faccia rispetto alle apparizioni del 2020: è centrale nel gioco, è vivo, è dentro lo spogliatoio, fa parte della squadra a differenza dei primi mesi della sua avventura milanese.
Nel 2021, l'Inter è incappata in due sconfitte: la prima il 6 gennaio contro la Sampdoria a Genova, la seconda a San Siro nell'andata della semifinale di Coppa Italia. Per il resto, sono arrivati due pareggi (contro Roma e Udinese) e sei vittorie, tre delle quali contro Lazio, Milan e Juventus, tutte avversarie che lottano per un posto in Champions League con un computo totale di 8 gol fatti e uno solo subito, quello di Milinkovic-Savic con deviazione di Escalante, tra l'altro in maniera fortuita. Conte ha cementato il gruppo, reso imperforabile la difesa, garantito equilibrio ad un centrocampo anche privo del suo pupillo Vidal senza scalfire quell'attacco che è il migliore della Serie A con un gioco che, a dispetto delle critiche, è piacevole agli occhi e funzionale nella resa. I tre gol nel derby, i tre gol alla Lazio e i due alla Juve ne sono la riprova. Altroché palla lunga a Lukaku e contropiede, come si legge e sente spesso non solo sui social. Un luogo comune tanto ripetitivo quanto falso all'atto pratico.
Per parlare di scudetto è ancora presto: lo dicono i numeri e il divario non incolmabile dalle prime inseguitrici ma è lecito guardare al futuro con più fiducia rispetto a quella brutta notte del 9 dicembre, quando tutto sembrava destinato a finire ancora una volta, come le (tante) stagioni precedenti. E il merito è gran parte di Conte, oltre che di chi poi scende in campo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA