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Conte: “Voglio bene all’Inter, rispetto e ringrazio Zhang. Addio? Ecco il perché”

Matteo Pifferi

 

La famosa ossessione per la vittoria di Conte.

"Dovrebbe essere un vanto e un complimento, ma su questa etichetta c’è pure chi gioca sporco (c’è pure chi la usa) adombrando una negatività che non esiste. Vede, sin da piccolo tutto ciò che ho avuto l’ho costruito attraverso il lavoro, le conoscenze, il sacrificio e la passione. Che non significa saper anche allentare e sorridere. Ma i risultati arrivano attraverso quelle caratteristiche che le ho elencato. Chi lavora in un top club, in qualsiasi ruolo, deve dare il massimo sempre e meritarselo. Siamo dei privilegiati, guadagniamo tanto, abbiamo il dovere di essere delle eccellenze: io sono esigente prima di tutto con me stesso e poi con gli altri. Non gioco per partecipare, gioco per vincere. Mi chiamano per questo. Da me pretendono tutti la vittoria e non mi fanno sconti. I giudizi cambiano se ci sono io in panchina. Lo accetto, so di avere questa responsabilità, ma credo di aver dimostrato di sapere anche come si arriva alle vittorie. Vincere è maledettamente complicato e ripetersi lo è ancora di più. Io non ho mai preteso squadre che potessero vincere con la pipa in bocca, perché neanche esistono, io le ho quasi sempre costruite accettando però progetti che avessero quel percorso e quella ambizione. Devo vedere la luce in fondo al tunnel, anche fioca ma devo vederla e sapere che tutti faranno il massimo per renderla sempre più vicina e accecante fino a raggiungerla. Per non mollarla più".

Ma è vero che lei stressa talmente l’ambiente intorno che non può durare a lungo?

"Sarebbe troppo facile risponderle con un semplice no. O magari rilanciare dicendo che chi si sente stressato a questi livelli, solo perché è chiamato a dare il massimo nel suo ruolo, forse si è seduto o certi livelli non li merita. Non voglio fare il populista, ma lasciamo lo stress a chi deve portare il pane a casa e non ce la fa. Prima le ho confessato la soddisfazione che provo quando i tifosi per strada mi dicono ‘Grazie mister’, beh è pari a quella che mi dimostrano i miei giocatori quando ci lasciamo, sia quelli che sono stati protagonisti in campo sia quelli che magari hanno giocato poco ma sentono di essere cresciuti e migliorati. È stressare l’ambiente questo?".

Lei guadagna tanto...

"E molto di più faccio guadagnare".

Aspetti, non avevo finito la domanda. Dicevo: lei guadagna tanto, sono cifre al passo con i tempi?

"Le cifre le fa il mercato, le fanno i risultati raggiunti, il lavoro svolto negli anni. Ma al di là di questo mi lasci dire che se il mio problema o la mia ossessione fossero i soldi, in passato sarei rimasto dov’ero. Avrei accettato dei compromessi e magari ottenuto dei rinnovi, facendo anche da ombrello dorato. E invece guardo ai progetti e sono disposto a stare a casa se non mi convincono. È una questione di visione, serietà, onestà intellettuale e principi cui non derogo".

In alcune proposte che non l’hanno pienamente convinta cos’è mancato, quel famoso 1% di possibilità di vincere iniziale su cui lei comincia a costruire il percorso?

"In generale a me le sfide piacciono e ho dimostrato di averne sempre accettate tante, perché anche i grandi club che ho avuto non partivano mai da favoriti quando li ho presi. Ma se c’è qualcosa che non mi convince preferisco non accettare o non continuare, al di là di qualsiasi ingaggio proposto o lasciato".

Dopo l’ultima giornata di campionato all’Inter si diceva: siamo all’inizio di un percorso vincente e cerchiamo la seconda stella. Dopo il suo addio l’obiettivo realistico è confermarsi in zona Champions. Grande considerazione nei suoi confronti o cosa?

"Questo non deve chiederlo a me...".

Le giro la domanda. Il campionato è appena finito, il mercato ancora non ha fatto registrare colpi, ma bookmakers e società di scommesse dopo il suo addio e l’arrivo di Allegri alla Juve hanno capovolto il rapporto di forze e presentano i bianconeri come favoriti per il titolo.

"Mi permetta la battuta, sta chiedendo al macellaio se la sua carne è buona... Ai bookmakers pare di sì (sorride, ndr)".

Secondo lei hanno influito le parole del presidente Zhang sulle necessità immediate del club? Alla Gazzetta tra le altre cose ha detto: "Conte è un vincente, ma avevamo idee diverse. Quello che non era fondamentale per lui, lo era per il club. E viceversa".

"Posso solo dire che il mio progetto non è mai cambiato. Però non avrebbe senso parlare ora di queste cose. Non voglio entrare in alcuna polemica o questioni di mercato o altro. Rispetto il presidente Zhang, che ringrazio per avermi scelto, voglio bene all’Inter, alla squadra e ai tifosi, faccio un sincero in bocca al lupo a Simone Inzaghi che è un tecnico bravo, capace, ambizioso, e auguro a tutto il mondo nerazzurro i migliori successi".

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All’estero chi vince viene portato in palmo di mano, in Italia tendiamo sempre a trovare il lato oscuro.

"Una vecchia e cattiva abitudine. Le eccellenze prima le vogliamo e dopo un po’ tendiamo a volerle distruggere. Potrei fare tanti esempi anche in ambiti non sportivi ma non voglio allargare il campo. Parlano tutti, tutti giudicano e puntano il dito. Forse perché la mediocrità avvicina tutti. Io invece la combatto e la rifiuto".

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