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Conte, la storia è cambiata: puoi farla all’Inter e già ora. La Juve pesa e spiega molte cose

Sabine Bertagna

Riflessioni sul primo anno di Conte, sul gap con la Juve e sul passato inteso come sfida

Con Antonio Conte, ormai più di un anno fa, che si faceva strada tra i grattacieli di Milano e con Steven Zhang felice come un bambino ad accoglierlo alla finestra della nuova sede dell'Inter, iniziava la narrazione del nuovo allenatore sulla panchina nerazzurra. Un allenatore fortemente voluto dalla dirigenza di via della Liberazione, con uno sponsor perfetto: Beppe Marotta. I due sono infatti fortemente legati dal passato in bianconero. Hanno già lavorato proficuamente insieme, con loro i meccanismi di comunicazione seguono strade già note e tracciate. Fatte anche di intese e battibecchi, spesso, prestabiliti.

PERCHE' PROPRIO IO?

Perché tornare al giorno della presentazione di Antonio Conte all'Inter? I motivi sono diversi. Perché la stagione - una strana e imprevedibile stagione - sta per concludersi (almeno la parte relativa al campionato) e quindi c'è aria di bilanci (anche se parziali). Il finale è quasi scritto, i miglioramenti ai quali l'Inter puntava ci sono. Anche se con alcune riserve. Nelle ultime settimane la comunicazione di Antonio ha puntato - in modo un po' improvviso - a temi cari in casa Inter. La "premeditazione", per esempio, quando il tecnico è esploso per l'ingiustizia del calendario e dell'ineguaglianza per quanto concerne i giorni di riposo assegnati all'Inter e alle altre squadre. Tutto vero. Il non voler vedere e raccontare "le cose positive" che ci sono. E poi il picco con quella frase che diceva "se deve volare uno schiaffo lo prende l’Inter. Strano… È stato così in passato così e lo è tutt’ora". Wow.

"Di motivi ne ho tanti, anche troppi. Con i tifosi che si chiederanno: perché proprio io? Perché condividiamo la stessa ambizione, la stessa fame". Conte arriva a Milano per scrivere una nuova pagina di storia nerazzurra. Vincente. Lui che per anni ha scritto pagine di storia bianconera. La giusta chiave di presentazione di Conte alla tifoseria nerazzurra è quindi proprio quella utilizzata da IMH: perché non io? (al suo arrivo pochi dubbi relativi al suo valore come allenatore, piuttosto quelli relativi ad un passato "troppo" juventino e ingombrante).

IL PASSATO JUVENTINO E IL NUOVO CORSO

Ma da quel giorno in poi il passato juventino di Conte (che non è certamente materia di esame in campo, ma che esiste) assume le sembianze di un argomento tabù. Ad oggi sono forse un paio le domande poste ad Antonio su quel tema, ad una delle quali ha fatto seguito anche una reazione piuttosto arrabbiata (il tecnico in quell'occasione ha abbandonato la sala stampa interrompendo la conferenza). Conte all'Inter è un capitolo nuovo, ma di rottura rispetto ai capitoli precedenti. Sia per la sua storia che per quella dell'Inter. Alla narrazione nuova sembra quindi mancare un pezzo.

Perché quel pezzo è così importante? Perché può essere utile a raccontare il presente di questa avventura. La rivoluzione Contiana è forte e percepibile fin dai primi giorni di ritiro. Chi deve partire, partirà. Senza sconti. Il lavoro diventa il dogma numero 1. L'io non è più un argomento, adesso ci sono tanti "noi" e l'esempio perfetto che incorpora questa ideologia è il calciatore che Conte più ha inseguito in estate. Romelu Lukaku. L'Inter della prima stagione è potenza, organizzazione, gol, abbracci di gruppo. Diverte. Ma Conte non si rilassa e avverte. Ci fanno i complimenti, poi ci butteranno giù alla prima occasione. Si sa come funziona il calcio italiano. Il primo calo dei nerazzurri arriva a gennaio, poi il Covid ferma tutto. La ripartenza diventa un'altra storia tutta da riscrivere, con difficoltà e pensieri infinitamente diversi. Con un ritmo folle, che non perdona e schiaccia i meno forti. D'animo.

Tra i "troppi motivi" che Conte poteva avere per venire all'Inter c'è sicuramente anche quello che ha a che fare con il suo passato alla Juventus. A come se ne è andato da Torino. A come non è tornato. Quella parte di voglia di affermarsi e vincere con un'altra squadra, con la rivale di sempre, che per di più non vince da anni, poteva rappresentare lo stimolo giusto. Ma forse, in questo campionato, più che uno stimolo questo elemento è stato un limite. Contro la Juventus le prestazioni non sono state indimenticabili (considerando che Juventus-Inter non è stata una vera partita, con la pandemia in agguato che avrebbe da lì a due giorni bloccato tutto). Quel pezzetto di passato innominabile è lì, in cerca di una collocazione nuova.

LA STORIA SI PUO' ANCORA SCRIVERE

Una motivazione troppo forte, che finisce per diventare un ostacolo? Conte ha iniziato a ridurre il gap tra la sua squadra e quella bianconera in maniera considerevole e chi non riesce a vedere il suo lavoro è probabilmente vittima di un pregiudizio di fondo. La mentalità, per stessa ammissione di Antonio, non è ancora quella giusta. Perché diventi vincente bisognerà probabilmente vincere. Manca ancora la cattiveria (cattiveria che il Napoli per esempio ha saputo trovare in Coppa Italia). E la rosa ha senz'altro bisogno di essere rinnovata nei punti chiave per il gioco di Conte. Ma se il campionato si sta avviando a titoli di coda più o meno prevedibili, l'Inter e Conte hanno ancora un'enorme possibilità a portata di mano. L'Europa League. In una formula abbreviata che suona quasi troppo perfetta. Lo stimolo stavolta non sarà minato dalla presenza della Juventus. Antonio Conte dovrebbe volerlo più di tutti. Alzare un trofeo alla sua prima stagione sulla panchina dell'Inter. Mettere a tacere chi spera nell'insuccesso per parlare di incompatibilità dovuta al suo passato. E mandare un messaggio a chi, a Torino, non ha mai nascosto il disappunto per questo matrimonio. Conte ha tutto da guadagnare da e con un'Inter vincente. Leggere la storia non è una parte che gli piace. Meglio scriverla.