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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'attaccante dell'Inter Edin Dzeko ha parlato degli obiettivi della squadra e anche della convivenza con Lukaku:
«Accelerare, ora dobbiamo solo accelerare!».
«Tanti giocatori avranno avuto più giorni di riposo del solito, anche i reduci dal Mondiale. Non vedo niente di male, il corpo può quasi reagire meglio. Più che sulla sosta, mi concentrerei però sul dopo: spero solo che l’Inter faccia meglio e non ripeta gli stessi errori fatti finora».
«Bisogna dare merito a loro se hanno accumulato questo distacco. Certo, 11 punti sono troppi, ma sono figli della nostra prima fase. Inutile ripensare a quei mesi, arrovellarsi, scervellarsi: l’unica cosa che possiamo fare adesso, ripeto, è accelerare, perché si può sempre recuperare».
«Ecco, la scorsa stagione ci può essere da insegnamento. A gennaio tutti a dire che eravamo già campioni di Italia e anche lì, forse, ci siamo un po’ rilassati, pensando che il più fosse fatto. Ma il calcio italiano è così: non c’è una partita in cui puoi dare meno del 100%».
«Lo sono di natura. È il livello della squadra che mi rende ottimista. Ma da gennaio bisogna fare molti più punti, abbiamo tutto per viaggiare a un ritmo sostenuto».
«Questa è l’Inter, per definizione una squadra di grandi giocatori. E tutti quelli che arrivano per alzare il livello sono benvenuti. Ci servono. Io li abbraccio tutti: si tratti di Romelu o di un altro».
«I grandi giocatori possono sempre giocare insieme. Non vedo il minimo problema a stare in attacco con Romelu, ma anche con tutti gli altri compagni. In partita trovi sempre il modo di incastrarti, non ci sono limiti in partenza. Poi in carriera ho spesso giocato con centravanti delle mie stesse “dimensioni”: al Wolfsburg ho fatto benissimo con Grafite, al City c’erano Negredo e Balotelli. E alla Roma giocavo con Schick. Quindi…»
«Lo conosco da quando eravamo in Inghilterra: lui era giovane, ci siamo sfidati spesso, ma a fine partita parlavamo sempre ed era un piacere. Anche quando io ero a Roma e lui all’Inter abbiamo mantenuto un rapporto sincero. È normale che ci sia competizione: la competizione è giusta, anzi necessaria. Ma tutti pensiamo la stessa cosa: chi va in campo va sempre sostenuto da chi rimane fuori».
«Nessun motivo particolare, sto bene fisicamente, voglio vedere tanti miei compagni quando saranno vecchi come me… Ma sono tutti onesti, me lo dicono in faccia: “Magari arrivassi come te a 36 anni…”. Scherzi a parte, per allungare la carriera devi lavorare parecchio e io non mi risparmio, anche se quando scendi in campo è sempre la tua qualità a fare la differenza».
«Alcuni dicono invece che non siamo abbastanza europei… Io dico semplicemente che siamo una grande squadra, davvero forte, che nella prima parte di stagione non ha espresso il suo reale valore. In Champions siamo andati meglio e ora con il Porto, un ottimo avversario, partiamo con 50 per cento di possibilità, anche se il valore lo fissa solo il campo. Intanto, però, vogliamo subito un primo trofeo, la Supercoppa contro il Milan».
«Molto, molto forte. È ovvio che sarebbe importante, in un futuro potrebbe diventare il capitano. Noi tutti lo amiamo, ma ognuno deve fare le scelte migliori per la sua vita e su questo nessuno ha il diritto di entrarci».
«Mettiamola così: la mia volontà è di fare benissimo fino a giugno e il resto verrà da sé… Non aggiungo altro».
«Diciamo che sarebbe bello avere un campione del mondo con noi ad Appiano (sorride mentre corre verso il pullman, ndr)».
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