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L'Inter è come una serie tv che al momento non è certo delle migliori. A definirla così è La Gazzetta dello Sport, perché la squadra nerazzurra ha una sceneggiatura ben definita e se ti metti a guardarla sai bene cosa ci troverai: una trama lenta, a volte macchinosa, dunque un po’ noiosa, ma solida.
L’Inter piega un Genoa combattivo e persino creativo, al minuto 43 del secondo round con una zuccata di D’Ambrosio da corner e siamo all’ottavo gol nell’ultimo quarto d’ora, un record. La squadra nerazzurra si arrende mai, ci crede fino all’ultimo, a volte rischia ma resta compatta e attende il momento giusto. E se proprio non riesce a sfondare, comunque non viene abbattuta, come a Bologna. Non si può certo dire che quest’Inter non sia coerente. La banda Spalletti si conferma la terza forza, ha dimostrato che con squadre di rango sa cosa fare. Molto più che con le piccole. Se il risultato è ciò che conta, l’Inter ha avuto solo un intoppo a Bologna, dove ha rischiato tanto ma, appunto, non è caduta. Solo che prima o poi bisognerà fare i conti anche col gioco, se si vuole continuità di risultati. Spalletti deve ancora lavorarci su parecchio. Nel frattempo ha un grande merito già detto, ma che vale la pena ribadirlo: altre Inter certe partite le avrebbero perse. Mister Spalletti ha dato equilibrio.
Ora però urge trovare il bandolo contro squadre che si chiudono e puntano su recuperi palla e contropiede. Se tre indizi fanno una prova (Crotone, Bologna, Genoa); se - con tutto il rispetto per loro, che sono bravi - i vari Ajeti, De Maio e Rossettini contro Icardi sembrano tanti Sergio Ramos; se si fa una fatica boia a creare occasioni, c’è più di qualcosa che non va nella manovra. A spazi larghi, l’Inter fa l’Inter perché ha giocatori fisici e rapidi. A spazi stretti l’Inter con poca fantasia non riesce ad avere un giro palla decente e veloce e a prendere contromisure all’aggressività (l’unica efficace arma dei più deboli). Non è un caso che l’Inter punti sulle fasce, sia la squadra che ha prodotto più cross (sorvoliamo sulla precisione) e che abbia segnato parecchi gol da calci da fermo (tre di testa, più di tutti per ora in A).
Il Genoa sbarcava a San Siro pieno di paure, con Juric traballante in plancia. Eppure ha giocato forse le miglior partita stagionale. Ha imbottito il centrocampo con un 3-4-3 a cui si aggiungeva spesso il mobilissimo Omeonga e anche Taarabt, le punte esterne, mentre dalla fasce a turno Rosi e Laxalt si univano alla difesa. Niente da dire, il Grifoera messo bene in campo. Spalletti ha puntato su Vecino e Borja Valero in mezzo e ha rilanciato Brozovic nel tridente dietro a Icardi (mai servito per bene) rinunciando a Joao Mario. Non è cambiato molto. La delusione è stata, ancora, Borja Valero, l’ombra del giocatore ammirato nella Fiorentina. All’Inter serve il vecchio Borja, quello che prendeva in mano la squadra e la faceva girare. Col Genoa si è nascosto spesso. Dunque, gli sbocchi sulle ali, dove Candreva ha sbagliato più cross del solito. Perisic invece ha provato un paio di conclusioni ma il vero pericolo, sporadico, è stato un tiro di Brozovic finito sul palo esterno. Dall’altro lato, Taarabt ha impegnato Handanovic e Pellegri ha solo sfiorato di testa una ghiotta occasione.
Il secondo round, se vogliamo, è cominciato peggio per l’ Inter e qui Juric ha commesso l’errore classico: al posto di approfittarne o perlomeno continuare così, ha abbassato ulteriormente il baricentro proprio mentre Spalletti cercava di dare una mossa all’ Inter coi cambi: dentro Eder per Candreva, poi esordio di Karamoh per Borja con l’arretramento di Brozovic in mediana e infine Joao Mario per Brozo. Tutti azzeccati: Eder ha dato la scossa, Karamoh ha mostrato di saltare facilmente l’uomo, cosa che manca all’ Inter per creare superiorità numerica.
(Fonte: Fabio Bianchi, La Gazzetta dello Sport 25/09/17)
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