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Spegnere le candeline dei 60 anni è un traguardo che ognuno si immagina in maniera differente. Obiettivi da raggiungere, una famiglia da creare, sogni da realizzare. Possibilmente, vivendo sempre emozioni forti e indimenticabili. E, magari, lasciando un segno nei cuori che incontriamo lungo la strada. Nel mezzo, sullo sfondo, sempre il calcio. La vita di Aldo Serena racchiude tutto questo. Perché le tracce lasciate dall'ex numero 11 nerazzurro negli animi dei tifosi interisti sono di quelle che non si possono cancellare. A testimoniarlo, i gol, le proverbiali 'incornate', e quel fantastico scudetto dei record sotto la guida di Giovanni Trapattoni, vinto da capocannoniere della Serie A con 22. Nel giorno dei suoi 60 anni, Aldo Serena ha scelto di raccontarsi a noi di FCInter1908.it.
Buonasera Aldo. Innanzitutto tanti auguri. Sessant'anni sono un punto importante della propria vita: lei si ritiene fortunato per le emozioni che ha vissuto e per i traguardi che ha raggiunto in campo?
Non posso che essere contento. Naturalmente si poteva far meglio, potevo fare delle cose diverse. Ma sono stato fortunato.
Ricorda ancora le sensazioni che provò a 18 anni alla chiamata dell'Inter?
Sono ricordi che ho ancora vivi. All'inizio della stagione 1977-78 iniziai a fare molti gol al Montebelluna, e attirai le attenzioni di alcuni club. Poi arrivò l'Inter insieme al Como ad acquistarmi in comproprietà. Bei ricordi.
Mi disse che c'era una situazione un po' opaca. C'era il Torino (Serena giocava ai granata in prestito, ndr) che voleva riconfermarmi, l'Inter che voleva Tardelli dalla Juventus e quindi premeva perché andassi alla Juventus. Pellegrini mi chiamò, mi invitò a cena a casa sua per discutere della cosa. Lui voleva cedermi ancora in prestito. Quella sera, però, ero al concerto. Gli dissi che ero al concerto e gli chiesi se potessimo rimandare. Lui mi rispose che avrebbe avuto problemi di lavoro, e che quella questione andava risolta a breve, altrimenti il trasferimento di Tardelli sarebbe potuto saltare. Rimase sbalordito dal fatto che gli dissi che c'era il concerto del Boss. Gli proposi: "Presidente, se vuole vengo dopo". Resistetti fino alle 00.30 ma, dopo più di quattro ore di concerto di Springsteen, fui costretto a perdermi i bis. Arrivai a casa sua tutto sudato e accaldato. Era il 21 giugno del 1985, il primo concerto in Italia del Boss. Non potevo mancare.
Qual è il gol che ricorda con più affetto con la maglia dell'Inter?
Il primo, perché avevo 18 anni ed era il mio vero esordio, dopo i circa 15' giocati in Coppa delle Coppe contro il Floriana Malta. Vincemmo 5-1. Partire titolare in assenza della coppia d'attacco titolare Altobelli-Muraro mi diede un po' d'ansia, anche perché non sapevo fino in fondo se sarei stato all'altezza della situazione. Trovare il primo gol è stata un'emozione unica, indescrivibile.
Lo scudetto dei record vinto con il Trap nel 1988-89 è il punto più alto della sua carriera?
Ci sono momenti diversi. Con la Juventus ho vinto la Coppa Intercontinentale, arrivare sul tetto del mondo è stato bello. La mia storia con l'Inter è stata controversa: dopo essere stato acquistato dai nerazzurri, sono stato ceduto molte volte in prestito. Lì non riuscivo a esprimermi come fatto al Torino e alla Juventus. Quando poi è arrivato il 1988-89, ho aggiunto il tassello che mi mancava. Fino ad allora mi sentivo incompiuto con la maglia interista, ma vincere quello scudetto anche da capocannoniere ha chiuso un cerchio, anche se poi con l'Inter ho ottenuto altre vittorie importanti, come la Coppa UEFA (1990-91, ndr).
Se oggi, a 60 anni, dovesse esprimere cosa rappresenta per lei l'Inter, cosa direbbe?
Se avessi potuto scegliere, avrei preso delle decisioni diverse. All'epoca era solo la società che decideva. L'Inter è stata anche terapeutica per me. Io ero uno tranquillo, avrei cambiato ambiente con fatica. E invece, sotto imposizione, ho cambiato varie squadre. Per questo sono grato all'Inter: mi ha permesso di cambiare la mia indole. Sono dovuto diventare più elastico, meno introverso. Alla fine sono stato premiato. La carriera che mi ha imposto l'Inter non è quella che avrei scelto per me, sarei rimasto fedele a una squadra. Ma così ho conosciuto tante persone diverse che mi hanno comunque arricchito.
La situazione è in divenire, e le grandi non sono al top. Sorprese sono sempre possibili. Però credo che il divario di punti sia troppo ampio e che la Juventus non si lascerà sorprendere. I risultati di Inter e Lazio sia stata un'iniezione di fiducia enorme per i bianconeri. L'Inter ieri ha buttato al vento un'occasione enorme per accorciare sia sulla Juve ma anche sulla Lazio.
Mi sono reso conto che l'Inter, per interpretare il gioco di Conte, deve giocare al massimo delle proprie potenzialità fisiche. Ma anche al 100% è difficile giocare a quei ritmi per tutta la partita. Il Napoli di Gattuso, per esempio, rispetto all'Inter e ad altre squadre vedo che riesce a interpretare meglio le fasi della partita. Tenendo conto di questo, bisogna decidere come giocare la partita, quando forzare e quando giocare sotto ritmo. Mi rendo conto, però, che l'Inter fa buone partenze, ma poi finisce sulle gambe. Per quello penso che abbia scelto di fare tutti quei cambi. L'idea, forse, non ha dato i suoi frutti. Bisogna prenderne atto. Ma in questo momento di difficoltà, dopo tre mesi di stop, bisogna fare delle cose particolari.
Sarebbe ora un errore addossare tutte le colpe della mancata vittoria di ieri all'errore di Gagliardini?
E' vero che senza quell'errore l'Inter probabilmente avrebbe portato a casa la partita, ma nel calcio l'errore ci sta. Anche quando si tratta di un errore tanto grossolano ed enorme. Lì, senza il portiere, bastava avere un po' d'astuzia, di calma, toccare il pallone piano. Si è fatto prendere dalla foga e dalla voglia di tirare una legnata per spaccare la rete, quando serviva un tocco rilassato. E' un grosso errore: lo sa lui e lo sanno tutti. Ma uno sbaglio non può inficiare la carriera di un calciatore. Gagliardini ha tutte le possibilità per riprendersi. Ha anche una carriera, soprattutto nell'Atalanta, che parla per lui. Nell'Inter ha fatto cose buone e altre meno, ma la sua carriera ora non può cambiare per questo.
Ora vincere l'Europa League diventa un obbligo?
Sarebbe una grande soddisfazione e darebbe un senso a questo finale di stagione. Non dobbiamo dimenticare come, nella passata stagione, il Chelsea di Sarri abbia tirato su il suo anno proprio vincendo l'Europa League, in una stagione altrimenti quasi fallimentare. L'Inter ha questa grandissima opportunità. Ora deve cercare, in maniera mirata, di portare a casa questa coppa. Un trofeo internazionale, importante. Potrebbe essere anche una buona base di ripartenza anche per la prossima stagione. I giocatori sul mercato, infatti, sarebbero più attratti da una squadra con un trofeo fresco in bacheca.
C'è un Aldo Serena oggi che consiglierebbe ai nerazzurri?
La coppia attuale dell'Inter, Lautaro e Lukaku, è top. Credo e spero che non venga toccata, dato che sembra che le speranze del Barcellona siano finite in fondo al mare. Altrimenti sarebbe davvero un peccato. Giocano l'uno per l'altro, si capiscono con un'occhiata, sono altruisti. Non li trovi facilmente in giro. In più, sono ancora giovani e possono ancora migliorare. Se rimane così in attacco va benissimo. C'è anche Esposito, che è talentuoso e che deve crescere, ma secondo me ha tutto per ritagliarsi uno spazio importante. Non so cosa accadrà con Sanchez, ma in ogni caso l'Inter ha tutte le possibilità per prendere un altro attaccante.
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