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- Lele, il risultato di sabato rimarrà di certo nella storia dei derby. Ma, considerando contesto e premesse, qual è il peso specifico di questa vittoria?
"Dobbiamo cercare di andare oltre il risultato, che dice tanto, ma non per forza tutto. Il percorso del Milan parte da quattro anni, non da venti giorni, per cui rimane vincente al di là del 5-1 del derby. Quello che però bisogna rimarcare è la forza dell'Inter, che ha cambiato direzione e ha una credibilità molto più elevata. Tutto è cominciato dalla fine della scorsa stagione, quando a sette partite dalla fine, con il peggior calendario possibile, si è qualificata per la Champions League, ha vinto la Coppa Italia ed è arrivata a Istanbul con un percorso che ha dato spinta fino a oggi. Lì è nata la seconda vita dell'Inter, che ha dato nel derby grande prova di forza e consapevolezza".
- Successo che consolida le certezze dell'Inter al termine di un'estate in cui il Milan si è rinforzato abbastanza e l'Inter ha perso riferimenti importanti in campo e nello spogliatoio, pur allungando la profondità della rosa. La differenza tra le due, ad oggi, in cosa consiste?
"Secondo me la differenza è che il Milan ha giocatori che devono crescere dentro il suo progetto e il progetto a sua volta deve consolidarsi. Per questo la stranezza del Milan era la grande partenza, mentre l'Inter è molto matura e consapevole, connessa alle idee dell'allenatore, per cui è un passo avanti. I nerazzurri sono pericolosi, attaccano bene e tanto con diversi uomini. Gli ultimi quattro mesi denotano che la squadra sa cosa fare, ha giocatori esperti che leggono bene ogni situazione. Con questo stile è arrivata alla completezza e può sopperire benissimo a partenze illustri. L'Inter è molto più avanti, ad un livello più evoluto".
- Eppure un Maestro di calcio come Arrigo Sacchi sostiene che il calcio di Inzaghi si basi praticamente sulle individualità. Ritieni veramente che l'Inter applichi un gioco semplice fatto di difesa solida e contropiede?
"Credo ci sia dell'altro. Basta guardare il modo in cui l'Inter coinvolge il proprio collettivo. Certo, si può discutere sull'altezza del recupero palla, ma anche questo deve essere sempre collegato all'efficacia: se vivi una partita nella tua metà campo e non tiri in porta, qualcosa devi cambiare. L'Inter, invece, al di là della zona di recupero palla, tira in porta molto spesso e con tanti uomini diversi. Praticamente ogni giocatore partecipa alla manovra offensiva.
Non pensa singolarmente, ma da squadra, anche quando soffre. Se penso anche alla scorsa Champions: ha battuto il Barcellona, ha buttato fuori il Benfica e se l'è giocata alla pari col City. Perché non ha demeritato? Non per iniziative individuali, ma perché ragiona da squadra. L'indice di pericolosità sulle occasioni che crea è molto alto".
- Parte degli addetti ai lavori è convinta che l'Inter sia obbligata a vincere lo scudetto. E le altre?
"Rimane un punto interrogativo il Napoli. L'Inter deve scontrarsi con una Juventus forte quasi quanto lei. Forse non così lunga, ma forte. I bianconeri sono sempre stati così forti. Hanno perso giocatori come Paredes e Di Maria, ma sono comunque tra le più accreditate. L'Inter non deve guardare nessuno, ma non deve ripetere gli errori fatti in campionato lo scorso anno un po' per superficialità, un po' per cali di concentrazione e scarsa efficacia in area in alcuni frangenti. Se guarda se stessa, rimane favorita".
- In ogni sessione di mercato si presentano sliding doors che possono agevolare o complicare, anche in maniera inattesa, il lavoro di un club e del proprio allenatore. L'Inter, dopo aver perso Lukaku, ha affidato un ruolo di maggiore responsabilità a Thuram, che per caratteristiche forse è più congeniale a un certo tipo di gioco. Può essere stata una fortuna per i nerazzurri?
"Chi conosce Thuram può non stupirsi, ma non può non ammettere che non sia mai stato così. C'era che pensava potesse fare un certo tipo di cose, perché è un calciatore eclettico, ma così non lo avevamo mai visto finora. Stiamo vedendo il miglior Thuram perché è in un contesto che lo valorizza, sotto una gestione anche umana importante. Poi trova il miglior Lautaro di sempre al suo fianco".
- Il Toro ha concluso il processo di maturazione?
"Si è sempre incastrato bene con chiunque avesse vicino. Fino a un certo punto è stato in appoggio della punta, ora è al centro di tutto e crea condizioni affinché i compagni possano rendere. Merita sempre una menzione particolare: l'eurogol di Thuram, ad esempio, nasce da un'apertura incredibile di Lautaro. Quell'apertura lì la fa Totti. La mette nello spazio, sorprendendo Theo Hernandez perché non immagina Lautaro possa fare quella giocata. Invece la fa, dentro la sua metà campo, innescando Dumfries in maniera incredibile".
- A proposito di Frattesi, invece, si è parlato tanto della sua compatibilità con Barella negli ultimi giorni. Hai anche tu la sensazione, però, che un Mkhitaryan sarà difficilissimo toglierlo dal campo? Quali prospettive vedi per la mediana nerazzurra?
"Frattesi può giocare con Barella senza nessun tipo di problema, ma bisogna tener conto di un Mkhitaryan che orienta le scelte. Lo ha fatto anche l'anno scorso: Calhanoglu centrale è di certo una lettura di Inzaghi, ma va lì perché l'armeno è titolare e dà quel tipo di risposte da mezzala. Se non avesse dato garanzie, Inzaghi non avrebbe di certo spostato Calha e avrebbe cercato altre soluzioni. Mkhitaryan è assolutamente indispensabile per questa squadra".
- Dal derby alla Champions League, con l'Inter pronta a debuttare in casa della Real Sociedad. Il girone dei nerazzurri è di quelli da vincere a ogni costo?
"Il girone dell'Inter va rispettato. Sono tutte squadre che giocano con una filosofia ben precisa e ti possono battere. L'Inter è di certo favorita per passare come prima, ma dovrà vedersela con avversarie che non speculano. Tutte praticano un calcio che non si fa intimorire né dai contesti, né da chi si trovano di fronte. Il raggruppamento è molto affascinante".
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