- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
copertina
Un libro per celebrare i suoi 50 anni. Un regalo speciale. Per lui, ma soprattutto per i tifosi che in quel libro ("Kekko, passa la palla", Luca Carmignani e Luca Tronchetti, edizioni DBS) ritroveranno il Francesco Moriero calciatore ma anche l'uomo. Ricordi custoditi nel profondo del cuore, storie di mercato, amicizie e partite memorabili. L'intervista nasce sabato pomeriggio e il pensiero di Moriero va subito alla delicata sfida contro l'Empoli. "Sarà dura? Sarà dura per l'Empoli. L'Inter non può assolutamente sbagliare partita. Questo Spalletti lo sa. Il problema sono i calciatori. Sono loro che fanno la differenza in campo". È ottimista Kekko, ma in queste parole c'è la consapevolezza di ciò che spesso non ha funzionato in questa Inter. Si parla del suo libro, un'esperienza piacevolmente inaspettata. Bella come un film. Quanti ricordi snocciolati e quante emozioni legate alla maglia dell'Inter. C'è l'amore per il calcio, ci sono gli amici ed ex compagni con i quali è cresciuto sui campi di calcio, c'è la gratitudine per aver potuto lasciare il proprio personale segno della storia di un club prestigioso come quello nerazzurro. E poi c'è la gente dell'Inter, che Kekko cita in continuazione, e con la quale Kekko continua ad avere un bellissimo rapporto. C'è spazio per parlare anche del futuro del club, delle voci insistenti e dei timori dei tifosi. Antonio Conte sulla panchina dell'Inter? Moriero ha una piccola grande certezza in proposito...
Che esperienza è stata raccontarsi in un libro e raccogliere tutti i tuoi ricordi calcistici, ma anche quelli più personali della tua vita familiare?"Esperienza stupenda perché non pensavo di raccontare tanto. Uno quando vive la propria vita professionale non ci fa caso. Ho deciso per i miei 50 anni di descrivere la mia storia, quello che è stato, la mia nascita come calciatore e come ho vissuto le mie prime esperienze. Da dove sono venuto. E' stato un film, è stato bello: Luca Carmignani e Luca Tronchetti (gli autori, ndr.) sono stati bravi. Mi hanno fatto ricordare tantissimi episodi positivi, bellissimi. Per cui ho voluto scrivere questo libro soprattutto per insegnare e descrivere i calori della vita che i giovani in questo momento hanno un po' trascurato. Non dimenticarsi mai da dove si è partiti e dove si è arrivati. La fortuna di essere arrivato a giocare in grandissimi club, l'apice poi è stato rappresentato dall'Inter e dalla Nazionale. Sono le due esperienze che mi hanno dato grandissima soddisfazione".
A questo proposito c'è una frase che mi ha colpito, tu scrivi: "Bisogna anche avere la voglia di diventare dei calciatori"..."Io provengo dalla strada come tanti miei colleghi, ho avuto la fortuna di avere amici che mi hanno aiutato a proseguire su questa strada trascurando le cavolate che si facevano da ragazzi. Io provengo da una zona modesta. Nasco calciatore. Nasco per diventare calciatore del Lecce. All'età di 8-9 anni avevo già in mente di diventare un calciatore del Lecce. Seguivo la mia squadra del cuore in cui militavano due grandi giocatori che ora non ci sono più, Lorusso e Pezzella (ai quali Moriero dedica una intensa postfazione, ndr). Per me erano dei miti. Ho vissuto un calcio diverso da questo. C'era poca televisione, molta fantasia e la fantasia mi ha portato a diventare quello che sono diventato".
Il tuo arrivo all'Inter, del quale parli nel libro, è praticamente un intrigo di mercato. Avresti dovuto firmare per una squadra inglese, poi si è inserito il Milan e alla fine sei andato a giocare nell'Inter di Simoni..."Mi ricordo come se fosse ieri che ero svincolato dalla Roma, Avevo preso un appuntamento con un club inglese (il Derby County) e mi ero quasi messo d'accordo. Nella notte arrivò la telefonata di Galliani, che mi chiamava a firmare per il Milan. Firmai per ilMilan e poi nei giorni successivi arrivò la chiamata di Mazzola, che mi propose di andare all'Inter. Non ho mai esitato perché sapevo che l'Inter aveva acquistato grandissimi campioni. Dentro di me c'era un dubbio. Il fatto che mi sarei dovuto giocare il posto con un certo Zanetti... Però quando arrivai mi accolsero benissimo e poi durante il campionato il grande Capitano decise di andare a giocare lì sulla sinistra, lasciandomi il suo posto. Sicuramente è stato merito suo se io ho iniziato a giocare titolare nell'Inter."
Il ricordo al quale sei più affezionato: "La stagione del '97-'98, che è stato un anno fantastico. Me lo ricordo e me lo ricordano ancora i tifosi interisti tramite i social. Sicuramente il giorno più bello è stato la vittoria della Coppa Uefa. Un giorno indimenticabile sia per il presidente Moratti che per il gruppo, che secondo me avrebbe meritato di vincere anche lo scudetto. Quello è il giorno che ricordo con più affetto".
© RIPRODUZIONE RISERVATA