Lunga intervista concessa da Sebastiano Esposito, centravanti dell'Inter, ai microfoni di DAZN. Il classe 2002 ha parlato inizialmente del suo momento e dei suoi sogni: "Devo fare meno sbagli possibili, sono molto esposto. Le interviste sono belle, racconto il mio passato e i miei sogni. Parlare come un calciatore viene spontaneo, non bisogna sbagliare: bisogna raccontare sé stessi, ma sempre nei limiti".
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Inter, Esposito: “Lukaku mi conosceva già, non sapevo come. Conte? Sa quando usare…”
Le parole dell'attaccante nerazzurro
Il tuo primo post?
"Avevo 12 anni, il mio primo torneo con l'Inter: la partita finì 2-1 con doppietta di Esposito. Il gol lo dedicai a mia mamma, lo faccio spesso. La mamma è importante. Quando ero piccolo sapevo di dover crescere in fretta, non ero un bambino come gli altri: giocare nell'Inter non è da tutti, dovevo sacrificarmi ma avevo anche grandi soddisfazioni".
Quanti anni senti?
"Non nego di sentirne qualcuno in più, tre anni in più".
I tatuaggi?
"Ho una frase di D'Annunzio, sono avanti. Essere figlio di un calciatore non ha creato pressioni, mio padre ha fatto di più da allenatore: lui ha vissuto il calcio e non mi ha mai creato pressioni. E' sempre stato fuori. E anche oggi non mi dà pressioni, mi dà consigli solo al di fuori per la persone che devono essere".
Lo scudetto?
"Non so cosa significa (ride, ndr). Piedi per terra".
San Siro?
"L'ho visto prima dall'altra parte, poi dalla mia: cambia tutto. L'atmosfera? Non puoi stare in silenzio in campo, senti un tifo e una pressione straordinaria: torni a casa con un bagaglio di emozioni incredibile. E' difficile da spiegare, è una cosa straordinaria che un 17enne sogna. A lungo andare deve passarti: non bisogna farsi trasportare dalla tensione".
I tifosi?
"Ho 17 anni e loro mi vogliono coccolare. Prima del rigore? Li ho sentiti, ho pensato magari Lukaku mi desse il pallone. Se non ci fossero stati tre elementi, Lukaku che mi dà la palla, io che la prendo e San Siro che me lo consegna, non l'avrei mai battuto. La prima opzione era tirare centrale, ma ho visto che Radu tentennava, era molto centrale: infatti è partito dopo".
L'abbraccio con la mamma?
"Arriva dopo, erano stati invitati in SkyBox: dopo il primo gol di Lukaku ero sorpreso, mi sono chiesto cosa ci facessero lì. Non lo sapevo. All'esordio non li avevo fatti venire, poi le prime partite erano venuti e non entravo: allora gli ho detto di non venire che magari succede qualcosa. Mi hanno ascoltato e ho esordito. Vivo in convitto, li vedo molto poco".
Tuo fratello?
"Ho un ottimo rapporto con tutta la famiglia. Abbiamo fatto tanti sacrifici: sappiamo da dove arriviamo e dove vogliamo arrivare. I miei fratelli piacevano al Brescia e decisero di portare tutti su. Devo ringraziare Clerici, il mio secondo padre a Brescia: gli devo tanto, purtroppo non c'è più".
Lukaku?
"Parliamo italiano, l'ha subito imparato: è da apprezzare. Lui mi ha aiutato sempre, mi ha stupito il fatto che mi conoscesse già, non sapevo come: poi parlando mi ha detto che aveva guardato gli europei Under-17. Mi ha preso sotto la sua custodia nello spogliatoio, è nato subito questo rapporto dalle prime amichevoli".
Conte?
"Gli do del lei, è bravo sul dare bastone e carota: da fuori può sembrare sia tutto bastone, ma non è così. Sa i momenti in cui deve dare stimoli e altri in cui darti una svegliata".
La cosa più bella che può succederti?
"I miei sogni posso esporli, ma è difficile chiudere gli occhi e avverarli: ci vuole sacrificio, pedalare tanto. E' difficile su due piedi: i sogni più belli me li tengo per me".
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