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Curioso come i numeri e le situazioni possano essere costante oggetto di interpretazione. Le opinioni e la comunicazione possono indirizzare un dato oggettivo in una o nell'altra direzione, influenzando pensieri, parole e percezioni. Peccato che i dati oggettivi, alla fine, rimangano tali. Inopinabili, incontrovertibili. E che tutti i castelli costruiti provando a travisare quella realtà siano destinati, prima o poi, a sciogliersi come neve al sole.
Prendiamo per esempio l'ultimo falso mito che, come una zanzara, sta accompagnando fastidiosamente il cammino dell'Inter in testa alla classifica. "Vincerà perché è fuori dalle coppe". Quante volte l'avete sentito in queste settimane? Rispondiamo direttamente noi: tantissime. Troppe, sicuramente. "Milan e Juventus sono dietro perché logorate dal doppio impegno", la variante (termine pericoloso da usare in questi giorni, ce ne rendiamo conto) più utilizzata. Stiamo assistendo al più classico degli esempi di sminuimento del valore delle imprese dell'Inter. C'è sempre un "ma" ad accompagnare qualsiasi soddisfazione nerazzurra, sempre un "ma" a sfocare i contorni di vittorie e sorrisi. Un "ma" che, però, in questo caso non avrebbe alcuna ragion d'essere. E vi spieghiamo perché.
Per farlo, però, dobbiamo riavvolgere il nastro fino alla nefasta data dell'8 dicembre, quella dello 0-0 di San Siro contro lo Shakhtar Donetsk che, tra mille rimpianti e una delusione grande così, ha chiuso la campagna europea dell'Inter, eliminata ai gironi di Champions League e tacciata (probabilmente a ragione) di aver fallito un obiettivo stagionale importante. Il giorno dopo, anche la Juventus chiudeva la sua fase ai gironi di Champions con l'incensato 3-0 di Barcellona, che permetteva ai bianconeri di chiudere addirittura al primo posto del raggruppamento. Il Milan chiudeva invece il 10 dicembre, con la vittoria a Praga contro lo Sparta e relativa qualificazione ai sedicesimi di Europa League.
Da quel momento in poi, si è aperta la campagna di pressione nei confronti dell'Inter: "D'ora in poi ha l'obbligo di vincere lo scudetto", si è detto a più riprese. Come se un titolo difficile da conquistare come quello italiano (che, per di più, dalle parti di Appiano Gentile manca ormai da 11 anni) fosse destinato ai nerazzurri quasi d'ufficio solo per il fatto di non dover più giocare in Europa. E, per di più, togliendo magicamente l'obbligo di vincere a una squadra, la Juventus, che, dopo aver monopolizzato il campionato per 9 anni, alla rosa padrona del campionato ha aggiunto gente del calibro di Chiesa, Arthur, Kulusevski, Morata e altri, spendendo più di 200 milioni di euro. Tutto passato in sordina, ovviamente.
Ma torniamo ai dati oggettivi con cui abbiamo iniziato questo articolo. Da inizio dicembre in poi, ovvero dalla fine della fase a gironi europea, l'Inter ha giocato 17 partite di Serie A e 4 di Coppa Italia (eliminata in semifinale dalla Juventus), per un totale di 21. La Juventus, da parte sua, ne ha giocate 24, dato che in più ha avuto il doppio impegno fallimentare con il Porto negli ottavi di Champions League e la finale di Supercoppa Italiana vinta contro il Napoli. Il Milan, infine, ha giocato, tra Coppa Italia, Serie A ed Europa League, 'ben' 22 gare, appena una in più dei nerazzurri.
Una volta elencati questi numeri, passiamo al resto. Ovvero, al rendimento in campionato delle tre contendenti allo scudetto. In 17 partite giocate in Serie A dall'8 dicembre in poi, l'Inter ha collezionato 14 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta. Su un totale di 51 punti a disposizione, Conte e i suoi ne hanno messi in cascina 44. Con lo stesso numero di partite, la Juventus e il Milan hanno portato a casa rispettivamente 38 e 30 punti, dunque 6 e 14 punti in meno rispetto ai nerazzurri. Un'enormità.
Domanda semplice: questa differenza di rendimento è spiegabile solo con l'uscita dell'Inter dalle coppe, se mettiamo a confronto la qualità e la profondità delle tre rose che si stanno giocando il titolo? La risposta è altrettanto facile: no. E chi afferma il contrario corre il rischio di fare brutte figure. Perché, semplicemente, non guarda i fatti nel loro insieme. Oppure, ancor peggio, li reinterpreta a proprio piacimento, forse perché in malafede. Non è giusto e onesto dire che l'Inter sia lì davanti a +9 rispetto al Milan e a +10 rispetto alla Juventus (che ha una partita in meno, quindi massimo a -7 dai nerazzurri) solo perché la campagna europea è terminata prematuramente. Tre partite (o una), nell'arco di una stagione, da che se ne ha memoria non hanno mai fatto la differenza. Mai. E la storia del calcio ne è piena.
Significa non dare merito al lavoro di una squadra e di un allenatore che, dopo qualche inciampo iniziale, hanno trovato insieme la quadra tecnico-tattica e che stanno realizzando un sogno (non un obbligo) che manca ai tifosi interisti da 11 anni. Ma significa anche mistificare la realtà, di fronte ad avversarie che vantano rose ampie e nomi incensati. I numeri non mentono, mai. Non farsi ingannare dai falsi miti. Quello sì, che è un obbligo.
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