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"La «Cupola di Calciopoli» c’era. Era meno estesa di quanto inizialmente sostenuto dall’accusa ma è esistita e ha manipolato la serie A" scrive Mensurati su Repubblica. E' anche l'unico a porre l'accento su un dettaglio per nulla trascurabile, riferendosi alle assoluzioni di Pieri, Lanese e Dondarini. "Ma anche queste assoluzioni, indirettamente, confermano l’impianto dell’accusa", scrive. Il pg Carmine Esposito ha infatti specificato come i giudici abbiano usato la formula “per non aver commesso il fatto” e non la formula “perché il fatto non sussiste”. Non esattamente sfumature di poco conto. Chi in questa sentenza aveva subito intravisto un fantasioso bicchiere mezzo pieno si è immediatamente schierato con una domanda banalotta, esplicata dallo stesso Moggi. "L'associazione a delinquere, quindi, la facevamo io e Giraudo?" Evidentemente no, visto che insieme a loro due (i massimi dirigenti della Juventus di allora, ricordiamolo) per associazione a delinquere sono stati condannati anche Pairetto e Bergamo (designatori), Mazzini (vice presidente Figc), De Santis, Racalbuto, Bertini e Dattilo (arbitri). "Erano loro, secondo i giudici, la «Cupola di Calciopoli." chiude Mesurati.
Asciutto quanto basta l'articolo uscito sul Corriere della Sera (che ribadisce come "l'associazione per delinquere avrebbe pilotato in favore della Juventus l’andamento del campionato 2004-2005" e sottolineando che la "sentenza, quindi, che ridimensiona le responsabilità di Giraudo, nello stesso tempo conferma le tesi sostenute dall’accusa"). In linea anche Il Giornale che definisce la sentenza "una vittoria dunque per la Procura generale che aveva chiesto la condanna dell’ex dirigente juventino". Fin qui il bicchiere mezzo pieno non lo vede nessuno. Anche perché come ci ricorda Mensurati "dopo tre gradi del giudizio sportivo, dopo una sentenza della corte dei conti, dopo due diversi processi penali di primo grado, quella di ieri è la settima sentenza (emessa da un settimo diverso giudice) su Calciopoli: e per la settima volta l’impianto accusatorio costruito dai pm Fillippo Beatrice e Giuseppe Narducci ha retto agli assalti delle pur agguerritissime difese."
Dalla Gazzetta dello Sport, in qualità di massimo quotidiano sportivo, forse era lecito aspettarsi due righe di commento in più. Certo, ora bisognerà attendere le motivazioni per comprendere i dettagli della sentenza nella loro interezza e dare il via alla solita frenetica ricerca (da parte della solita difesa) degli appigli per ricorrere in ogni ordine di sede. Magari sfoderando una delle tante madri delle intercettazioni, regolarmente smascherata come lontanissima parente del fantasma di una qualsiasi prova effettiva. Forse la Rosea è l'unica a intravedere in questa sentenza una svolta ottimista, tanto da lanciare con un bel Maxisconto l'articolo che nell'analisi della sentenza ribadisce come "l’associazione a delinquere di calciopoli venga confermata, ma è sempre più piccola". Unico commento alla vicenda (per la relazione di Palazzi ricordiamo giorni e giorni di editoriali e fondi piuttosto intensi, e non si trattava di una sentenza) una "nuova" rubrica chiamata "Lo Sfogo" che raccoglie il commento di Moggi. Senza nessun tipo di contradditorio, ovviamente.
E allora a far specie sono forse più gli atteggiamenti giornalistici (e non quelli ovvi della difesa) nei confronti di un processo che, in tutte le sue fasi, è riuscito finora a dimostrare un reato così difficilmente dimostrabile come l'associazione a delinquere. Anche se su Twitter alcuni giornalisti scrivevano addirittura che fosse caduta, mentre altri si precipitavano ad aggiungere che Calciopoli da questa sentenza ne usciva totalmente ridimensionata. Giornalisti, non tifosi. Che cosa c'è da interpretare nel termine associazione a delinquere? E' ovvio che questo processo ha inevitabilmente comportato alcune contraddizioni. L'errore più grossolano sarebbe credere che queste contraddizioni possano assolvere i colpevoli dai reati compiuti. Perché, in fondo, è questo che la maggior parte dei giornalisti crede. O no?
Twitter @SBertagna
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