editoriale

Ciao, Tarcisio. Hai vinto il tempo da eroe: grazie a te l’Inter non avrà mai fine

Marco Macca

Il nostro ricordo di Tarcisio Burgnich, un gigante che ha reso grande l'Inter nel mondo e nella storia: un grazie a nome degli interisti

Al telefono la voce ammorbidiva la roccia, ne smussava gli angoli. "Ciao, come stai?", chiedeva sempre prima di iniziare a chiacchierare un po' di Inter. A dire il vero, non molto bene, Tarcisio. Mi tremava la voce la prima volta che hai risposto. Forse non te ne sei accorto, forse hai fatto finta di nulla con gigantesca signorilità.

Pensavo di avere a malapena il diritto di comporre quel numero. Perché, fino a quel momento, ti vedevo come un'entità lontana, un personaggio delle favole. O dei racconti. Quelli di mio padre, che da giovane si riuniva con gli amici per vederti giocare con l'unica tv disponibile nel bar del paese. Erano in 20, o forse di più. Erano bambini, eppure tutti conoscevano a memoria la filastrocca: "Sarti, Burgnich, Facchetti...". Come quelle che a scuola impari per Natale e che con orgoglio reciti davanti ai parenti prima del cenone. Quelle, però, difficilmente ti rimangono dentro. Difficilmente le ricordi e le tramandi a chi verrà, a chi avrà il compito di portare avanti quelle parole, quei ricordi, quella leggenda. La poesia, invece, non conosce vento né tempesta, polvere e oblio. Ti appartiene, ci appartiene. E con fierezza ne portavi il fregio, come una medaglia. Da eroe.

Chissà se sarò mai in grado di raccontare ciò che non ho mai visto con i miei occhi, che mi è arrivato filtrato dalle sfumature del tempo e dei sentimenti. Chissà se sarò in grado, da padre e da nonno, di raccontarti come meriti, di immaginarmi davanti alla stessa tv in bianco e nero di mio padre e spiegare chi eri, come se fossi stato davvero lì. "Ciao, amico mio". Mi salutavi così, e probabilmente lo facevi con tutti i tifosi dell'Inter, di qualunque età. Perché sentivi la nostra gratitudine, ne percepivi la potenza. E, con sensibilità, ricambiavi a tuo modo. Con la leggerezza e l'umiltà di chi non ha bisogno di nient'altro per emanare grandezza.

Chissà cos'è che rende davvero magica l'Inter. Puoi immaginarlo agli angoli delle strade, tra un bambino che gioca con la maglia di Ronaldo e un signore con i baffi e i capelli bianchi che ti parla di Herrera, Burgnich, Mazzola e tutti gli altri. Ma, forse, la vera magia sta tutta lì, nel guardarsi dentro e sapere che una forza misteriosa ti accompagna sempre. Un mistero folle a tratti, di certo non monotono. Alla fine, trovi la forza di abbandonarti a esso, consapevole, per qualche oscuro motivo, che non ti farà del male, che non ti lascerà mai a combattere con la solitudine. Quanto può essere potente tutto ciò? Forse, lo sanno solo gli eroi come te. Capaci di regalarci una storia bellissima da raccontare, da custodire. Regalarci l'Inter come la conosciamo, come la amiamo. Regalare a un bambino degli anni '60 un sogno e a un ragazzo di questi tempi una leggenda da inseguire con la fantasia.

Chissà dove arrivano, gli eroi come te. Chissà dove sarai. Forse, di nuovo in compagnia di Facchetti. "Ho dormito più con lui che con mia moglie", dicevi. Chissà di che colore è il cielo, sopra di voi. E chissà se queste parole ti arriveranno mai, Tarcisio. Non è facile salutarti mentre gli occhi si velano di lacrime. Ora, sono le mani a tremare. Ma, in fondo, posso e possiamo solo dirti grazie. Perché oggi sappiamo che il tempo non è invincibile, e che la storia è un sogno che si rinnova. Grazie a te, l'Inter è grande e imperitura. Come la roccia.