copertina

Guarin: “Un orgoglio rappesentare il mio paese in Italia. Milano vive di calcio e…”

Dario Di Noi

“Fredy Guarin è un ragazzo di Boyaco, nato a Puerto Boyaca”, così comincia a parlare il numero 13 nerazzurro nel lunghissimo speciale, pre-mondiale, che caracol.tv ha voluto condurre sulla Colombia. Uno speciale a puntate, dal nome...

"Fredy Guarin è un ragazzo di Boyaco, nato a Puerto Boyaca", così comincia a parlare il numero 13 nerazzurro nel lunghissimo speciale, pre-mondiale, che caracol.tv ha voluto condurre sulla Colombia. Uno speciale a puntate, dal nome "Diario di un sogno", che nel suo ultimo capitolo ha visto protagonisti tanti giocatori della selezione guidata da Pekerman, tra cui lo stesso Guarin, sorridente e orgoglioso nel raccontare la propria storia all'emittente nazionale.

"Il mio quartiere è Pueblo Nuevo, e io lì sono conosciuto come Alejandro, o volgarmente come “langaruto” (ride, sarebbe il soprannome di famiglia, significa "deboluccio"). Da piccolo qui giocavo ovunque, in tutte le vie e per ogni strada, poi quando si poteva andavo in collegio, ma sempre molto poco, molto poco in collegio (ride, ndr). Ad 8 anni mi trasferì a Ibague per poter giocare a calcio e terminare la scuola. Una cosa che ricordo e racconto sempre è il luogo in cui costruimmo un campo, la “cancha”, sul quale tutti giocavamo e che prima non esisteva. C’era solo il terreno, e allora lo trasformammo in un campo perché in quel momento il calcio era la passione di tutti. Lì giocavamo il campionato del quartiere, sempre su quella cancha".

Poi la prima opportunità, con il passaggio in una squadra professionistica colombiana: "Dopo un anno arrivò l’opportunità di giocare nell’Atletico Huila. Quando lasciai la Colombia, lo feci poi per trasferirmi in Argentina, al Boca Juniors, salvo poi passare in Europa al Saint-Etienne, dove rimasi per due anni. Successivamente arrivò il momento del salto, il salto in Portogallo, al Porto: presi un grande respiro, e arrivai lì, dove vidi questa città incredibile, così bella. Oporto, la piazza, la gente, non era tutto più facile".

Poi giunse il momento dell'Inter e dell'approdo a Milano: "Milano è una città che vive di calcio, qui i tifosi sono molto euforici, sanno tutto della squadra, sanno tutto dei giocatori, conoscono la loro esperienza, il loro passato e quello che li accade, sanno molto del calcio. E’ un orgoglio vedere che due o tre giocatori (Zapata e Cuadrado, ndr) giocano sugli stessi campi, anche se con una maglietta diversa, ma per difendere e rappresentare il nostro paese. E’ un orgoglio per me come lo è per la gente. Il clima partita con loro? Lo viviamo con allegria, lo viviamo bene come al solito. Ci conosciamo molto bene, sappiamo cosa vuol dire, poi quando scendiamo in campo allora lì sì che cambia, ognuno è pronto a tutto per difendere la propria maglietta e i propri colori".

Un esempio? Lo racconta col sorriso - sempre nel corso di questo speciale - lo stesso Fredy Guarin, insieme al compagno di nazionale Juan Cuadrado, con il quale litigò durante Fiorentina-Inter di quest'anno: cominciò tutto nel tunnel, e poi proseguì per un tackle mancato da Guarin e poi chiuso da Walter Samuel sull’ala viola, che cadde e si mise ad urlare. Da lì l'interista si lamentò con il compagno, e non gli diede nemmeno la mano, preso dalla rabbia della partita. Poi tutto si placò negli spogliatoi, lì si misero a parlare: Guarin rubò il telefono ad un compagno dell’Inter per fare una foto assieme a Cuadrado e mostrarla al mondo intero. Tempo dopo, inscenarono anche una mezza rissa in nazionale con la Colombia. Il tutto contornato da grandi sorrisi: per far capire come degli amici - nelle vesti di professionisti - vivono la vita e le partite sempre in maniera differente.