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Handanovic: “L’Inter me la sono sudata, ora voglio vincere. Abbiamo capito che…”

Francesco Parrone

Il portierone nerazzurro Samir Handanovic al Corriere della Sera ha raccontato le sue impressioni a poche ore dall’atteso derby: L’Inter per tradizione ha sempre avuto grandi portieri. In ordine cronologico negli ultimi trent’anni:...

Il portierone nerazzurro Samir Handanovic al Corriere della Sera ha raccontato le sue impressioni a poche ore dall'atteso derby:

L’Inter per tradizione ha sempre avuto grandi portieri. In ordine cronologico negli ultimi trent’anni: Bordon, Zenga, Pagliuca, Peruzzi, Frey, Toldo e Julio Cesar. Una responsabilità pesante oppure uno stimolo in più per chi è appena arrivato all’Inter?«Un peso no di certo, semmai il piacere di avere una grande responsabilità. Uno stimolo in più per fare bene, sapendo bene che cosa significa giocare nell’Inter. Ho lavorato molto per arrivare in un club di primissimo livello, adesso devo lavorare tantissimo per vincere con l’Inter».

San Siro è considerato uno stadio troppo esigente con chi gioca. Si sente quello che gli spagnoli chiamano il miedo escenico? «San Siro è sempre stato un palcoscenico emozionante, quando ci giocavo da avversario; ora avvertoun altro tipo di emozione».

Lei ha detto: nella mia carriera mi sono ispirato come esempi da seguire a Buffon e Peter Schmeichel. Il richiamo a Buffon è chiaro, perché Schmeichel? «Perché è stato un portiere di grande tecnica e di fortissima personalità, due qualità che servono per fare la differenza. Senza dimenticare che Schmeichel ha giocato in grandi squadre, come il Manchester United e ha vinto anche un Europeo con la Danimarca».

Che cosa significa essere alti 193 centimetri per uno che deve giocare in porta?«Vuol dire doversi allenare molto nel lavoro a terra; è tutto un problema di postura. Poi c’è sempre da migliorare ed è per questo che l’allenamento è fondamentale».

Come si diventa un portiere da Inter? «Io ho sempre lavorato molto; da quando sono arrivato in Italia nel 2004, ho sempre cercato di migliorare».

Lei ha la tendenza al rilancio lungo con le mani. Una caratteristica che non è molto comune fra i portieridelle grandi squadre. C’è una ragione particolare per la quale ha scelto questa soluzione?«Credo sia il modo migliore per avviare la ripartenza della squadra.  Con le mani si può essere più precisi che con i piedi. E poi credo che il mio sia anche un piccolo omaggio alla tradizione slovena: basket, pallavolo, pallamano sono i nostri sport preferiti».

In carriera ha parato finora 14 rigori su 37. Una qualità naturale oppure il frutto di grandi allenamenti? «Non mi piace parlare di questo. Dico solo che può succedere quando si vive di calcio e per il calcio».

Com’è nato il passaggio dall’Udinese all’Inter?«Era da un po’ di tempo che si parlava della possibilità di lasciare Udine, ma ottenevamo buoni risultati e stavo bene lì. Poi a giugno l’opportunità di partire è diventata concreta; la squadra che mi voleva era molto importante e a 28 anni poteva essere il momento giusto per cambiare. Credo che siamo rimasti tutti contenti: erano d’accordo le due società, ero d’accordo io. Ho cambiato e ho cercato di rendere il cambio della squadra il più soft possibile».

Le vittorie su Chievo e Fiorentina, lasciando stare Baku, che è un’altra storia, possono essere state le scintille per cambiare passo in campionato?«Possibile,ma lo vedremo più avanti. Di certo sono stati due momenti molto importanti della nostra stagione, un buon punto di partenza, perché abbiamo cambiato mentalità e passo. Ho visto l’Inter giusta, nel senso che abbiamo capito che si può vincere soltanto giocando con grande spirito di sacrificio e da squadra. Prima c’era l’idea che in qualche modo avremmo vinto, perché siamo l’Inter. Invece non è così e credo che ora l’abbiamo capito».

La settimana del derby è stata intervallata dalla trasferta di Baku. È stata una fatica in più, un problema in più, perché ha tolto energie e concentrazione oppure è stata quasi un aiuto, perché è servita a stemperare la tensione di questa sfida con il Milan?«Il derby era e resta una partita speciale. E non è un modo di dire, semmai la verità. Al Milan abbiamo cominciato a pensarci da ieri; la trasferta di Baku può essere stata faticosa, per la lunghezza del viaggio, ma la vittoria contro il Neftchi resta il modo migliore per arrivare al derby con lo spirito e con le energie giuste».

Idee per domani: vinca l’Inter o vinca il migliore?«È una partita che non riesco ancora a decifrare. Sono curioso anch’io di capire che tipo di gara verrà fuori».