L'attaccante e capitano dell'Inter, Mauro Icardi, ha concesso una lunga intervista al Corriere dello Sport nella quale ha toccato diversi temi, fra passato, presente e futuro: "Io penso che con i gol posso fare tanta strada, in questo sport conta fare gol, possibilmente uno più degli avversari. Si parla troppo spesso della mia partecipazione al gioco, che per molti è scarsa, insomma insufficiente, ma non mi frega niente di quello che dicono i giornalisti, i critici. Conosco un solo modo di aiutare i compagni e l'allenatore ed è quello di buttarla dentro. Ho sempre vissuto per il gol, anche da piccolo ne segnavo tanti. Ho la capacità di farli, devo farli. Come la chiamate? Una missione? Ecco, è la mia missione. Ero questo alla Samp, sono questo da sei anni all'Inter. Ho fatto 100 gol in più rispetto a quando ero a Genova, ma come giocatore sono esattamente lo stesso di allora. Se qualcuno trova che non sia migliorato, pazienza".
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Icardi: “Voglio vincere con l’Inter, il rinnovo arriverà. Juventus e Real? Sto bene qui”
Lunga intervista al Corriere dello Sport del capitano nerazzurro
Due tipi di leader, c'è quello silenzioso ma di soluzioni e quello che nello spogliatoio e in campo si fa sentire. Sei del primo.
"Io urlo, ogni tanto alzo la voce anche con i compagni. Non è stata la fascia a cambiarmi, io sono così, fedele alle mie scelte e con degli obiettivi molto chiari. Di me parlo pochissimo, sono rare le interviste e le mie cose non si sanno. Pubblico qualche foto su Instagram, non aggiungo parole, considerazioni, la porta d'ingresso alla mia intimità è sempre chiusa".
Ma c'è chi lo fa per te, e alla grande, Wanda.
"Wanda sa bene quello che fa e dice, e cosa la gente vuole da lei. Sa stare in tv, conosce i giornalisti e ora è entrata anche nel mondo della moda, le piace da sempre. Wanda è furba, non ha bisogno di controlli, di lei mi fido totalmente. Mi conosce bene, sa quanto io tenga alla riservatezza e fino a dove può spingersi. Ho una vita semplicemente complicata. A Milano non esco di casa, 5 bambini e 4 cani. Con Wanda siamo undici, una squadra intera. Il bomber però è lei. Prendo ordini solo da Francesca, adesso che ci penso comanda in casa, ha 3 anni, ne fa 4 a gennaio. Poi ci sono Isabella, Benedicto, Valentino e Constantino. Tutta la mia famiglia è anche sul mio corpo. Mancano solo i cani".
In effetti sei tutto un tatuaggio.
"Li porto sulla pelle, i miei cari, non solo nel cuore… Ma forse ho capito dove vuoi andare a parare. I ragazzini che giocano a calcio prendono a modello il calciatore famoso e pensano al tatuaggio come a una specie di rito".
Di iniziazione, già.
"Sinceramente non vorrei che fosse così, ma non posso farci niente. Ripeto, non posso cambiare per gli altri. Capisco che possa essere preso come riferimento dai più giovani, ma uno non deve farsi un tatuaggio perché lo vede su di me o su altri, ma solo perché gli piace, se è convinto".
Mi devo scusare: mi ero ripromesso di non fare domande su Wanda e invece ci sono cascato come un dilettante. Chiudo definitivamente l'argomento: ti sei mai sentito in imbarazzo per le uscite (in tutti i sensi) della tua compagna?
"No, mai. Io sono sempre tranquillo su questa cosa. L'ho detto e lo ripeto: massima fiducia. Faccio il mio e mi basta: allenamento e casa, io sto con i bambini, lei fa shopping, la mamma e la vita che si è scelta".
Nel periodo in cui si parlava di una tua molto fantasiosa convocazione nella nostra nazionale, ho molto apprezzato la fedeltà all'Argentina, alle radici.
"Non ci ho pensato nemmeno per un istante, e non per mancanza di rispetto o gratitudine nei confronti dell'Italia che mi ha dato tanto. Io mi sento profondamente argentino, al di là del fatto che con la mia famiglia siamo andati via che ero piccolo quando fu dichiarato il default e la gente cominciò a temere il peggio. Sono cresciuto in Spagna, ma sono sempre tornato a trovare i parenti che erano rimasti. Anche Messi lasciò l'Argentina a dodici, tredici anni e in Spagna ha fatto la sua vita. In questo periodo il mio Paese sta vivendo una crisi molto simile a quella che ci fece scappare, la gente non ha i soldi per mangiare, non arriva a fine mese, c'è rabbia, frustrazione, gli episodi di violenza si ripetono con una frequenza paurosa. Non si può più uscire per strada. Hai visto cosa è successo per Boca-River, non si tratta solo di fanatismo. Il presidente del Boca ha ragione quando dice che l'impossibilità di organizzare un evento come una partita che per noi vale la Champions è una vergogna nazionale. Ma purtroppo il problema è più profondo, sociale".
Hai parlato di Messi: è davvero così influente in Nazionale?
"Questi sono discorsi che fate sui giornali o in tv. Nello spogliatoio non ho mai sentito Messi dire all'allenatore cosa fare, e non impone i suoi amici. Di questo sono sicurissimo. La formazione ai Mondiali la decideva Sampaoli".
Purtroppo per voi. Ci sono tuttavia dei giocatori che hanno un peso superiore all'interno di una squadra. Questa è storia. Hai mai chiesto al presidente o ad Ausilio di prendere rinforzi? Mancini da giocatore suggeriva un acquisto al giorno.
(«Anche da allenatore» interviene sorridendo Ausilio).
"Mai. Al massimo potrei chiedere un aiuto a Messi in Champions… E' vero che dipendiamo dal Barcellona, ma noi dobbiamo pensare al Psv. Il Barça gioca sempre per vincere, speriamo che non si prenda una pausa".
Ventotto punti, il Napoli a un passo, la Juve lontana, gli ottavi di Champions ancora possibili: è l'Inter che immaginavi?
"La squadra è più completa che in passato, sicuro. Abbiamo perso qualcosa all'inizio, nelle prime due, tre partite abbiamo lasciato per strada dei punti. Se avessimo giocato da Inter, avremmo avuto qualche punto in più. Quando pensavamo di aver trovato continuità c'è stata la caduta di Bergamo. Niente da dire, loro sono stati più bravi di noi".
Mai pensato di andare via?
"Lo devono dire loro (indica Ausilio, nda). Io ho sempre chiarito i miei obiettivi: il primo, tornare in Champions con l'Inter e l'abbiamo raggiunta. Il secondo, vincere qualcosa con l'Inter. Il direttore ha fatto una buona squadra pur non potendo spendere molto, ha preso solo parametri zero". Altra risata.
Non hai ancora rinnovato, anche se il contratto scade nel 2021. Pippo Inzaghi pretendeva il rinnovo dopo ogni gol, quand'era alla Juve.
"Quando sarà il momento rinnoveremo. C’è tempo".
La partita dell'Olimpico è un passaggio fondamentale per voi ma soprattutto per la Roma.
"Cercheremo di fare una buona partita perché sappiamo che se la sbagliamo la Juve si allontana e il Napoli anche. Le due davanti vanno forte".
E una delle due ha Ronaldo.
"E sette scudetti di fila. Ronaldo ha dato tanto anche al campionato. Solo la Juve se lo poteva permettere".
L'estate scorsa ci aveva provato anche con te.
"Qualcosa ho sentito. Ma, vedi, io certe cose sono l'ultimo a saperle perché ho un solo interesse, fare bene il mio lavoro. Lo devi chiedere a Wanda e Piero. Giocare a calcio per me è la cosa più bella ed è un privilegio, il lavoro che sognavo. Sono tornato da Londra alle 6 del mattino, con la squadra, e ho fatto le vasche di acqua fredda per ridurre l'ematoma al quadricipite. Voglio recuperare in fretta e giocare subito".
Un altro grande centravanti del passato, Roberto Pruzzo, ammise di non riuscire a giocare tutte le partite di campionato con la stessa tensione, lo stesso impegno: solo i confronti con le big lo stimolavano.
"Adesso non te lo puoi più permettere. Ti puoi sentire un po' più stanco, ma se non sei motivato non puoi giocare. Io ho sempre la testa sul campo. Sono un tipo freddo, tranquillo e super concentrato".
Dicono che tu sia la balia di Lautaro.
"L'ho aiutato tanto, l'ho portato con me dappertutto perché non conosceva nessuno. Ha ventun anni e può crescere. In campo non si risparmia, è abituato al calcio argentino dove i colpi si danno e si prendono. Da questo punto di vista il Var è una benedizione per gli attaccanti perché costringe i difensori a limitare il numero delle furbate. Prima, in area succedeva di tutto, adesso il gioco è più pulito".
All'Inter hai anche vissuto qualche momento di impopolarità con la curva, ricordo quello successivo all'uscita del libro. Certo, anche tu: scrivere un'autobiografia a soli ventitré anni…
"Non era un'autobiografia, ho semplicemente raccontato l'inizio del mio percorso, un pezzo della mia storia. E per quanto riguarda la frattura con la curva, penso che si sia ricomposta dopo l'episodio col Sassuolo. Se ci sono problemi si parla, ci si confronta. Quando incontro i tifosi non noto tutta questa freddezza. Anzi".
Il gol risolve tutto.
"Aiuta parecchio".
Il tuo sembra ancora un calcio molto naturale, quasi istintivo.
"Non è un calcio che alleno, ce l'ho dentro. So che devo avere la capacità di rubare l'attimo al difensore. Mi può bastare un secondo".
In lontananza si sentono ancora le sirene del Real.
"Non mi sembra questo il momento giusto, visti i risultati. E poi sto bene dove sto".
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