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"Difesa bassa e contropiede". E' così che l'Inter gioca per Fabio Capello. Che non ha certo usato mezzi termini, nel post partita di Napoli-Inter, per descrivere la sua visione del gioco nerazzurro. Curioso parlare così di una squadra presentatasi in uno degli stadi più difficili della Serie A praticamente a dominare gli avversari. Conte e i suoi hanno vinto con l'atteggiamento proprio di chi è ormai consapevole di essere grande. Perché l'Inter vista ieri sera era tutt'altro che "difesa e contropiede".
Bene ha fatto Antonio Conte, dunque, a difendere l'Inter da una parte e la sua idea di grandezza dall'altra. Perché francamente ridurre il modo di esprimersi di questa squadra all'interpretazione più o meno libera di un catenaccio anni '60 suona un po' come una volontà di sminuire un progetto che, dopo anni, sta rimettendo in discussione (al di là di come andrà a finire) tutto l'ordine precostituito del calcio italiano.
Il sorriso e l'abbraccio di Lukaku al suo allenatore a telecamere spente è il sintomo di un legame forte e praticamente indissolubile. Il segno evidente di un peso che questo ragazzo, fin dal suo primo giorno di Inter, è costretto a portarsi addosso.
Un "grazie" espresso in un gesto del tutto spontaneo, che testimonia la grandezza morale di Big Rom. Che, in un certo senso, con quell'abbraccio si è voluto anche togliere un sasso dalla scarpa grande così.
E allora, menomale che c'è Conte. E menomale che c'è Lukaku. Perché sono riusciti fin qui a difendere e a trascinare l'Inter. Attraverso i risultati. E le parole. Contro chi non ha capito il vero peso di questo cammino, e contro chi proprio non riesce a vedere i meriti di una squadra che sta costruendo davanti a sé un futuro a dir poco luminoso.
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