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SPONSOR
—Grazie alla finale raggiunta, l’Inter si è portata a casa 100 milioni di soli premi Uefa. Le sei partite casalinghe di Champions, inoltre, hanno assicurato una quarantina di milioni al botteghino. Senza dimenticare la “sorpresa” Paramount, la cui sponsorizzazione per la sfida col City è valsa 4 milioni. Grazie a questo accordo last minute (che peraltro varrà fino al 2024 per complessivi 10 milioni), all’ottima raccolta di global sponsorship (+88% al 31 marzo 2023 rispetto all’anno prima) e ai vari bonus si è attutita la perdita derivante dai mancati pagamenti di DigitalBits. Inoltre, questa prolungata esposizione sui mercati internazionali faciliterà la sostituzione del main sponsor, a partire dal 1° luglio. Qatar Airways è in vantaggio su Turkish Airlines.
RICAVI
—Dal punto di vista gestionale, l’Inter aveva già intrapreso un percorso di riequilibrio dal “record” di -246 milioni dell’esercizio 2020-21. Nel 2021-22 la perdita è stata di 140 milioni. Quest’anno come finirà? Sul fronte dei ricavi operativi (al netto del player trading) il boom di Champions e San Siro dovrebbe portare, pur in assenza dei proventi del main sponsor, un incremento di 70-80 milioni rispetto al 2021-22. Ciò significa che l’Inter per la prima volta nella sua storia dovrebbe toccare quota 400 milioni di ricavi operativi, aggiornando il primato del 2018-19 (365 milioni). Queste entrate-extra andranno a coprire le minori plusvalenze rispetto alla scorsa stagione, quando vennero ceduti Lukaku e Hakimi. Sul lato dei costi, si beneficerà di una riduzione delle spese sportive (stipendi più ammortamenti) e verranno meno le svalutazioni dei crediti delle sponsorizzazioni asiatiche (26 milioni) e della risoluzione contrattuale di Eriksen (16).
PLUSVALENZE
—Tutto considerato, l’Inter potrebbe chiudere l’esercizio 2022-23 con un deficit attorno ai 70-80 milioni, senza il bisogno di realizzare plusvalenze rilevanti entro giugno. Occhio, però. Dalla prossima stagione i conti nerazzurri entrano nel periodo di monitoraggio del settlement agreement sottoscritto con l’Uefa, che prevede un deficit aggregato massimo di 60 milioni in tre anni. Ciò significa che, a prescindere dai mega-incassi di quest’anno, da luglio il management nerazzurro dovrà proseguire l’opera di riduzione della massa salariale e mettere in atto cessioni preziose.
D’altra parte, la rosa nerazzurra è vecchia e, se consideriamo i giocatori in scadenza quest’anno e nel giugno 2024, questi rappresentano un terzo del valore di mercato dell’intero parco giocatori, secondo le stime di House do Fútbol. Si impongono scelte fondamentali. Rimane poi il nodo dell’indebitamento. Gli oltre 400 milioni tra bond e factoring pesano per 40 milioni abbondanti in termini di interessi, che ogni anno appesantiscono il conto economico.
VALORE
—Guardando al valore d’impresa complessivo, il cosiddetto “enterprise value”, l’Inter ha raggiunto al 1° gennaio 2023 i 1258 milioni di valutazione media, in base all’ultimo report di Football Benchmark, con una crescita del 215% dal 2016. Secondo queste stime, siamo già ai livelli delle aspettative che nutriva Zhang lo scorso autunno, nel momento in cui si erano riaccese le voci sull’azionariato nerazzurro. Grazie all’eccezionale Champions e ai maggiori ricavi rispetto alle attese, utilizzando un multiplo sul fatturato tra 3 e 4, l’Inter potrebbe ora valere 1,5 miliardi.
La proprietà cinese, in vista della scadenza del maxi-prestito di Oaktree nel maggio 2024, dovrà riflettere sulle prossime mosse. Prolungare l’avventura italiana o monetizzare l’investimento da 700 milioni. Impostando una gestione “spartana”, tesa verso l’autosufficienza, l’azionista si è potuto permettere di utilizzare solo la metà dei fondi parcheggiati nella holding lussemburghese. Bisognerà anche vedere come reagirà il mercato di fronte a un’Inter che, senza dubbio, ha incrementato il suo appeal sulla scena globale, nonostante l’incertezza sul dossier del nuovo stadio.
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