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A Milano contro il Chievo inizia ufficialmente il girone di ritorno della squadra nerazzurra e l'edizione odierna della Gazzetta dello Sport spiega come dalla gara estiva, con Frank de Boer in panchina, siano cambiate molte cose. A partire dal tecnico, ovviamente, ma non solo: anche in dirigenza c'è stato qualche scossone che ha condotto poi ad assestamenti importanti e questa sera, inoltre, l'Inter potrà contare su un nuovo centrocampista.
LA GIUSTA DIREZIONE - "Sono passati meno di cinque mesi da quella afosa notte al Bentegodi, eppure il mondo Inter da quel 21 agosto è stato positivamente ribaltato come un guanto. Ecco come in sette punti una società/dirigenza/squadra che dopo alcuni fisiologici inciampi di percorso dovuti anche ai cambi di proprietà si è messa finalmente a viaggiare nella giusta direzione. E che si ritrova a guardare quello 0-2 targato Birsa con la carica che, più della voglia di rivincita, sanno dare quattro vittorie consecutive e la sensazione di aver trovato una quadratura a tutti i livelli".
CHE SVISTA CON DE BOER - "Il 21 agosto scorso il de Boer interista era un neonato di appena 13 giorni. Faticava ad orientarsi dopo la tardiva separazione da Roberto Mancini e fece un errore marchiano. Volle stravolgere il copione, inventandosi un 3-5-2 indigesto, e anche quando tornò su tracce tattiche più familiari non diede mai la sensazione di avere in mano la squadra. Ora poco importa se avesse più colpa lui o la dirigenza che, con l’obbligo di fare subito risultato, si affidò a un visionario che non aveva mai allenato fuori da Amsterdam. Alla fine però è arrivato Stefano Pioli, potenziatore più che normalizzatore. Come dimostra la media scudetto di 2,28 punti a gara".
C’É MAGGIORE EQUILIBRIO - "Con il 3-5-2 che oppose al Chievo De Boer intendeva proteggere la difesa e mettere i due azzurri Candreva ed Eder sulle stesse zolle che calpestano in Nazionale. Andò malissimo, con una linea a tre presa sempre d’infilata e una squadra incapace di creare calcio. Con il 4-2-3-1 attuale Pioli sta garantendo solidità difensiva ma anche partecipazione nella fase offensiva, cui ora partecipano Icardi, i due esterni, il trequartista anomalo di turno (Banega o Joao Mario), uno dei due centrocampisti e spesso anche i terzini. Senza però lasciare i due centrali difensivi in perenne balia dell’uno contro uno".
DA JOAO MARIO A GAGLIARDINI - "Il 21 agosto il mercato era ancora aperto e al fotofinish portò alla Pinetina Gabigol e soprattutto Joao Mario, «tuttocampista» dall’impatto immediato, come dimostrarono le vittorie in sequenza con lui in campo contro Pescara, Juve ed Empoli. Ora inoltre c’è Gagliardini, benzina verde per un centrocampo che non sentirà troppo la mancanza di Melo. Così come in attacco Jovetic aveva lasciato ben poche tracce".
UNA NUOVA ANIMA - "L’Inter andò sì a Verona con l’entusiasmo e i buoni propositi tipici del primo giorno di scuola, ma in verità le incognite erano tante. Oltre a quella tecnica, c’erano le turbolenze di mercato legate a Icardi e ad una preparazione insufficiente tra tournée americana con una logistica infelice e lo scollamento con Mancini. Ora lo «smile» è evidente, con 12 punti nelle ultime quattro uscite la sensazione è che l’Inter abbia un’anima e sappia reagire anche quando va sotto. Vedi Udine. Ai prossimi match (Chievo in primis) il verdetto sulla benedetta continuità che manca dai tempi di Mourinho".
NELLE MANI DI SUNING - "Un altro cambio radicale rispetto a inizio stagione è legato all’avvicendamento del ceo Bolingbroke con Liu Jun - a.d. ad interim, in attesa che di individuare il giusto profilo italiano o comunque navigato del nostro calcio - e soprattutto Steven Zhang, che ha poteri di firma. Da un’anomala gestione in cui il compratore lasciava le leve del comando in mano al venditore - di Bolingbroke Thohir la folle gestione estiva della vicenda Mancini - si è passati ad una fase in cui Suning, che era pur sempre entrata solo a fine giugno, ha preso in mano la situazione a livello operativo. Anche per quel che riguarda la scelta del nuovo allenatore".
LE RELAZIONI DI STEVEN - "Perché le sorti di una squadra sono sempre legate a doppio filo al manico, cioé a come si strutturano proprietà e management. Suning ha preso tempo per studiare la situazione, poi è intervenuta piazzando a Milano, vicini a dirigenza e squadra, Jun Liu e soprattutto Steven, il figlio del proprietario, che relaziona quotidianamente il padre e si sta fidando dei dirigenti italiani (Ausilio, Gardini, Antonello sul fronte finanziario), salvo poi riservarsi di tirare comunque un bilancio a giugno. Chiaro che la forza del colosso di Nanchino sia anche e soprattutto economica. Il progetto è serio, ambizioso e soprattutto a lungo termine. Legato ad una strategia sportiva che deve servire come testa di ponte anche per gli altri variegati business del gruppo".
UN NUOVO SPOGLIATOIO - "E se Zhang Jindong ha saputo iniziare nel 1996 con un negozio che aggiustava condizionatori per creare un impero che fattura miliardi di euro, non c’è da stupirsi che abbia capito come adeguarsi alle regole del fair play finanziario imposte dall’Uefa. Al netto della discontinuità di gestione che verrà invocata a Nyon per potersi muovere più liberamente sul prossimo mercato estivo (caccia a 3-4 top player) con un piano industriale triennale, la proprietà cinese si è preoccupata di aumentare i ricavi. A partire dal naming della Pinetina, ora «Suning training center, in memory di Angelo Moratti». Una mossa che è un po’ spiaciuta all’ex patron del Triplete, ma che abbinata alla sponsorizzazione del kit d’allenamento frutterà 15 milioni all’anno. E tante altre attività commerciali stanno trovando impulso grazie alle sinergie di Suning. Senza dimenticare che stasera contro il Chievo non esordirà soltanto Gagliardini, ma pure il nuovo spogliatoio al Meazza. Nerazzurro, con strutture e sedute ultra moderne, oltre alle maglie di 20 storici ex, più due senza nome a stimolare i giocatori attuali perché presto tocchi a loro. Dal Chievo al Chievo, quante differenze".
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