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Inter, come cambiano i giudizi! E il sassolino di Inzaghi è una vera bordata

Marco Astori

A metà campionato, il giudizio sull'Inter è incredibilmente cambiato: da una squadra (forse) da quarto posto, ad una obbligata a vincere. Sul serio?

Un aspetto particolare caratterizza Simone Inzaghi, oltre a quello di essere un ottimo allenatore: la pacatezza e la pulizia della sua comunicazione durante le interviste che rilascia. Il tecnico è molto aziendalista - nel senso positivo del termine - e non crea mai problemi con le sue dichiarazioni. Anzi, spesso parla bene anche in momenti in cui qualcun altro lancerebbe qualche frecciata. Ma dopo l'ultima partita, quella vinta contro il Torino, Inzaghi ha detto tutto ciò che i tifosi dell'Inter pensano: "Ora fa comodo a tutti dire che l'Inter è una corazzata, ma a fine luglio i giudizi non erano questi", le parole chiare pronunciate dall'allenatore. Ed è proprio così: perché nessuno dimentica ciò che veniva detto quest'estate.

Che l'Inter si stesse indebolendo rispetto alla scorsa stagione perdendo pezzi come Conte, Hakimi, Eriksen e Lukaku, è un dato di fatto, nessuno lo nega. C'è però altresì da dire che, al momento dell'addio del belga, il funerale nerazzurro era stato già celebrato. Il pensiero comune era infatti quello di una squadra che avrebbe addirittura faticato ad arrivare tra le prime quattro in classifica.

E le parole di Simone Inzaghi, descritte come il primo sassolino tolto dopo mesi in nerazzurro, sono invece una vera bordata: prima di giudicare, magari si aspetti di vedere e di capire. Ed è troppo facile, adesso, dire che l'Inter, al momento a +4 in classifica, è la strafavorita per la vittoria dello scudetto, quando al gol di Zielinski lo scorso 21 novembre c'è chi ormai l'aveva data per spacciata. Ed è troppo facile concentrarsi sulla forza dell'Inter, che quest'estate evidentemente secondo alcuni non esisteva, per distogliere l'attenzione dagli altri.

Disparità di trattamento

Perché l'interista non dimentica come la sua squadra un anno fa, eliminata dal girone di Champions League, non aveva scelta: era obbligata, parola testuale, a vincere lo scudetto. Sarebbe curioso invece capire perché quest'anno il Milan, che in Europa ha avuto la stessa sorte dell'Inter di Conte, non abbia questa spada di Damocle sulla testa. Con in più un mercato importante operato in estate, con diversi riscatti e acquisti per allungare la rosa e renderla competitiva per il tricolore. C'è chi dice invece che, nel caso in cui la squadra di Stefano Pioli raggiungesse lo stesso piazzamento dello scorso anno, nonostante abbia ora un impegno a settimana, dettaglio per molti che lo scorso anno ha fatto la differenza in favore dell'Inter, farebbe un'ottima stagione. Quindi nessun obbligo di vincere nonostante 62 milioni spesi. Buon per loro.

E come dimenticare la Juventus. Quante volte abbiamo sentito dire: "Antonio Conte è obbligato a vincere con l'Inter perché è l'allenatore più pagato della Serie A". Un ritornello ripetuto allo sfinimento: deduciamo quindi che lo stipendio del tecnico sia un fattore determinante che lo obbliga al successo. Sarà quindi così anche per Massimiliano Allegri, che quest'estate ha firmato un quadriennale da 9 milioni netti a stagione? Assolutamente no. Perché se a luglio il leitmotiv era "torna Allegri, lo scudetto è già bianconero", ora nessuno osa etichettare come fallimentare la prima parte di stagione della Vecchia Signora, squadra col più alto monte ingaggi della Serie A e attualmente fuori anche dai posti per qualificarsi in Champions League. Chi è obbligato a vincere è invece Simone Inzaghi, che prende la metà del collega. Quest'anno lo stipendio, evidentemente, è un dettaglio di poco conto.

Simone Inzaghi, lecitamente, ha aspettato il giro di boa della stagione per dire a tutti quello che pensava probabilmente da qualche settimana se non mese: e lo ha fatto anche con i suoi soliti modi educati e molto tranquilli. Perché ora è troppo facile decantare le lodi dell'Inter, dopo averla massacrata in estate ritenendola una squadretta senza Hakimi e Lukaku. L'Inter ha invece dimostrato di essere una grande squadra e un grande gruppo. Che non è obbligato a vincere, ma che vuole farlo a tutti i costi. E tra le due cose c'è un vero e proprio abisso.