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Sacrificio e ripartenza: Inter e Conte, stesso Dna. Antonio come Herrera, Trap e Mou

La Gazzetta scava nel passato del club nerazzurro e va alla scoperta dell'identità dell'Inter: Conte ha lo stesso dna dei tecnici del passato

Alessandro De Felice

Sacrificio e resilienza, estrema difesa e brucianti ripartenze. Il Dna di Antonio Conte coincide perfettamente con quello dell'Inter. Come spiega La Gazzetta dello Sport, il club nerazzurro ha costruito la sua storia e i successi grazie ad allenatori che puntavano molto sulla fase difensiva.

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Il quotidiano riavvolge il nastro è riparte da Alfredo Foni, campione del mondo nel 1938 con l'Italia di Pozzo e allenatore dell'Inter che conquistò due scudetti nel biennio 1952-1954. Foni era considerato uno specialista del catenaccio. Nel 1960 Angelo Moratti ingaggia Helenio Herrera, che costruisce la Grande Inter degli Anni Sessanta. Quella squadra fu fondata proprio sulla difesa: "Burgnich e Guarneri i difensori puri sugli attaccanti avversari, Picchi il libero guardiano, Tagnin il mediano azzanna caviglie".

Qualche anno più tardi, Eugenio Bersellini, detto il Sergente di Ferro, riproduce l'idea di calcio di Herrera e conquista lo scudetto del 1980. Quasi dieci anni dopo tocca a Trapattoni, che vince lo scudetto dei record con 58 punti con 67 reti realizzate e 19 subite in 34 partite. "Una macchina da gol con una fase difensiva e una difesa al limite della perfezione: Zenga, Bergomi, Mandorlini, Riccardo Ferri. Quell’Inter non fa catenaccio, sconta i luoghi comuni legati al proprio allenatore, però la sua imperforabilità è un elemento fondante, qualcosa che viene dal profondo, dal Dna".

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L'ultima grande impresa del club nerazzurro è targata José Mourinho. Nel 2010, lo Special One porta a casa il Triplete. La serata cruciale è quella del ritorno delle semifinali al Camp Nou contro il Barcellona. In dieci per l’espulsione di Thiago Motta, lo Special One ordina a Eto’o di spostarsi in fascia e di difendere come se non ci fosse un domani. "Resistere, resistere, resistere, e il Camp Nou muta in Camp Mou". L’alchimia funziona e l’Inter in finale batterà il Bayern con due ripartenze chiuse da Milito. Oggi l'Inter di Conte somiglia molto a quella di Mourinho, fatta eccezione per la costruzione dal basso. Ecco che ciclicamente ritorna il Dna del club nerazzurro.

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