Prima o poi, doveva succedere. Era da quattro anni e nove mesi che il Milan non batteva l’Inter in un derby di campionato. In mezzo una serie di vittorie nerazzurre da far impallidire la sponda rossonera del Naviglio. Una striscia che non aveva di certo sfamato il popolo interista. Ma certi tabu nascono per essere sfatati e che la legge dei grandi numeri arriva quando meno te lo aspetti a presentare il conto. L’Inter, già reduce dal pareggio di Roma con la Lazio, cade e si allontana al momento dalla vetta che rimane comunque ampiamente alla portata per distacco e lunghissima fila di impegni ancora a disposizione.
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Inter, oltre il Covid: analisi di una caduta scritta nel destino
L'analisi di Fcinter1908.it a proposito della sconfitta di ieri dell'Inter
Più che sulla classifica, è il momento di concentrarsi su alcuni meccanismi che per vari motivi ancora non sembrano particolarmente collaudati. Nella prima parte di stagione, sulla quale stanno pesando comunque Covid ed altri fattori, ciò che balza all’occhio è un passo indietro piuttosto evidente dal punto di vista dell’equilibrio.
COSA MANCA -E’ su questo che dovrà principalmente concentrarsi Antonio Conte, che ha fatto bene a respingere l'alibi della sfortuna. Contro una squadra in salute, ma comunque inferiore sulla carta, l’Inter ha palesato tutti i suoi limiti. Per arginare i quali nemmeno due settimane di sosta sono serviti. Nonostante i polmoni di Vidal e Barella in mezzo, la straripanza di Hakimi rischia di diventare un problema se la squadra non riesce a garantire adeguata protezione alla propria difesa in fase di non possesso. Non hanno aiutato – come contro la Fiorentina - le caratteristiche di Kolarov e D’Ambrosio.
Probabilmente avrebbero guardato la gara dalla panchina se ci fossero stati Skriniar e Bastoni, ma ad Appiano Gentile tutti sembravano convinti in estate che l’ex Roma e il laterale della Nazionale avessero il pedigree per rientrare di diritto tra le pedine di un terzetto che (quest’anno ancor di più) Conte espone spesso a duelli individuali.
In un momento di difficoltà, l’arma in più di una squadra può essere rappresentata proprio dalla flessibilità del suo allenatore. Conte è rimasto focalizzato esclusivamente sul credo tattico che ha sposato ben prima del suo arrivo in nerazzurro. Nulla sembra in grado di deviare la sua attenzione. Probabilmente un centrocampo più folto, con Barella spostato più dietro (alle spalle degli attaccanti sembra talvolta smarrire la bussola), avrebbe garantito più solidità alla squadra. L’obiettivo deve essere proprio questo: maggiore equilibrio per arginare l’emorragia di gol subiti che preoccupa e non poco quella che è stata la miglior difesa della scorsa stagione.
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