Alzi la mano chi a fine estate dopo gli addii di Conte, Lukaku, Hakimi ed Eriksen avrebbe immaginato di ritrovarsi oggi a questo punto: Supercoppa vinta, ottavi di Champions contro il Liverpool, semifinali di Coppa Italia, e potenzialmente al primo posto in classifica vincendo il recupero contro il Bologna. Tenuto conto dei giocatori con cui sono stati sostituiti chiaramente.
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Inter ha abituato troppo bene. Come al solito serve tecnico despota: c’è qualcuno che…
L'editoriale di Alfio Musmarra per Fcinter1908: i nerazzurri hanno perso la via della vittoria. Serve una scossa, in primis da Inzaghi
Non mentite. Nessuno.
Certo ci siamo abituati bene, forse troppo tenuto conto di come ha giocato e vinto l’Inter fino al 22 gennaio. Perché gli uomini di Inzaghi dal derby d’andata in avanti del 7 novembre dove erano a -7 dai cugini hanno intrapreso un percorso di risalita che li ha portati al derby di ritorno del 5 febbraio a +7 in classifica ma l’inattesa sconfitta ha infilato la squadra in un vortice di depressione che l’ha portata a dilapidare tutto il vantaggio accumulato.
Complice un calendario di ritorno asimmetrico che è stato indubbiamente il più arduo per i Campioni d’Italia in carica.
In tutto questo diversi big sono crollati dal punto di vista fisico e le alternative hanno clamorosamente toppato l’occasione di mettersi in mostra. C’è poco da lamentarsi del poco impiego se poi quando si viene chiamati in causa si fallisce clamorosamente l’occasione. Non ci sono leoni in gabbia che tengano e puerili sfoghi social. Balle. Tutte balle.
Bisogna dimostrarlo in campo ma anche fuori dove forse qualcuno ha smarrito in qualche circostanza il rigore che sotto l’egida Conte aveva portato ai frutti scudettati. Perché all’Inter vige da sempre la regola secondo la quale la vittoria è strettamente legata nell’avere in panchina un allenatore despota.
Un allenatore che controlla tutto a 360° e fa niente che esageri perché evidentemente è giusto così. Ogni qualvolta che si mollano un po’ le redini poi sappiamo bene come vanno a finire le cose. Fino a quando le cose andavano bene era tutto rose e fiori, ma dal derby in avanti qualcosa si è rotto e non può bastare lo scadimento di forma di alcuni per spiegare la crisi di gioco e di risultati che ne sono conseguite.
Perché se la squadra è stanca lo si dovrebbe vedere anche nei numeri e nel derby di Coppa Italia, numeri alla mano, i primi 5 giocatori dell’Inter hanno corso più dei primi 5 del Milan. Ma forse dovremmo cambiare verbo, perché l’Inter non ha corso, bensì ‘rincorso’.
Non è normale prendere un’incursione centrale di Theo Hernandez che ha tagliato la zona centrale del campo saltando 4 giocatori come birilli: tutti fermi. Non è normale che Leao parta da solo inseguito da Brozovic sulla fascia e nessuno vada a raddoppiare quando poi il milanista si accentra ed il croato è costretto a spendere un giallo perché nessuno è andato ad aiutarlo.
Perché l’Inter di oggi non gioca da squadra. I giocatori non si aiutano, non si cercano e non si trovano. È più un’inerzia. Non riusciamo a ripartire dal basso perché ormai hanno capito come fermarci e non abbiamo un piano B.
Tocca a Inzaghi inventarsi qualcosa, per non sentire più snocciolare numeri mazzarriani sul numero di calci d’angolo col Genoa dove non abbiamo fatto un tiro nello specchio contro la penultima in classifica. Perché le riserve delle altre squadre quando entrano in campo danno l’anima e all’Inter in questo periodo non accade.
Possibile che gente come Vecino o Gagliardini o Ranocchia non possano giocare contro il Genoa o contro il Milan senza sfigurare consentendo a chi non sta bene di rifiatare e recuperare energie? Vidal contro il Liverpool in campo da titolare ha disputato una buona partita contro ogni previsione.
Quante volte Lautaro e Dzeko si trovano o si cercano? Poco e niente, forse non sarà una coppia particolarmente omogenea ma di sicuro giocano spesso troppo lontani fra loro e lontani dalla porta avversaria. Forse è il caso di iniziare a cambiare qualcosa anche per dare una scossa ad un ambiente che sembra quello dell’ultimo anno di Spalletti.
Evidente che non siano paragonabili le situazioni ma lo scoramento generale dell’ambiente è simile e tocca a Inzaghi trasmettere elettricità e cambiare un po’ le carte in tavola finchè c’è tempo. Perché è giusto ricordarlo che per fortuna tutto è ancora in discussione ma serve una sveglia. E quale occasione meglio di venerdì contro la Salernitana?
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