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C'è una narrazione che sembra essere passata un po' di moda. Il mondo è cambiato in maniera inesorabile e anche i protagonisti non sono più quelli di una volta. E Inter-Juventus è sfiorita nei classici temi che ne raccontavano la tensione disegnando le due squadre come avversarie di sempre, in un continuo rinfacciarsi ingiustizie e supremazie di altri tempi.
La narrazione classica ha perso potenza, forse anche nella speranza di poter colmare quel gap sul campo senza farsi distrarre da altro. Anche la domanda di cui più si è abusato nel voler raccontare l'acerrimo odio sportivo tra Inter e Juventus è passata di moda. "Quanti scudetti ha la Juventus?" Non è una domanda che mira a conoscere un numero (quello è già stato stabilito nei tribunali di competenza), ma un sentimento. Il sentimento di chi è abituato a rispettare le regole oppure il sentimento di chi - dopo mille anni ancora e andandone arrogantemente fiero - non accetta il verdetto della giustizia sportiva. Quella domanda è uno spartiacque. E chi sta da una parte non può stare dall'altra. Esistono pochi fatti chiari come questo.
Quella domanda naturalmente non ci manca per nulla. In un paese più coerente e consapevole della propria memoria storica non avrebbe nemmeno ragione di esistere. Ci manca più che altro la capacità di cavalcare alcune battaglie, che con il campo c'entrano alla fine sempre, e che profilano l'appartenenza di una squadra. Non è possibile per esempio, se si parla di Inter e Juventus, non ricordare o sfiorare di tanto in tanto temi come quello di Calciopoli, dei torti arbitrali o della reputazione.
Nel post Mourinho (lui che con le battaglie di questo tenore toccò l'apice assoluto, con le costanti allusioni ai bianconeri che ai tempi non rappresentavano neanche un pericolo diretto e con le spettacolarizzazioni che avevano l'obiettivo di ricordare il tema delle ingiustizie arbitrali) ci sono stati dei momenti in cui questa sfida è tornata ad assumere i toni di una battaglia mai dimenticata. Il comunicato nell'era di Thohir è rimasto una pietra miliare. Quel comunicato si era reso necessario per ridisegnare la giusta distanza tra due modi di vedere completamente opposti. Perché quel limite non venisse più superato con menzogne o illazioni.
Oggi la sfida tra Inter e Juventus rimane infuocata soprattutto nel cuore dei tifosi e per una serie di motivi - se vogliamo anche fisiologici - lo è meno a livello societario. E non solo perché di questa Inter fanno parte anche protagonisti con un passato bianconero. La gestione moderna del calcio tende a sbarazzarsi dei troppi sentimentalismi.
Un giocatore che passa dalla Juventus all'Inter è ormai una cosa abbastanza accettata. Antonio Conte è l'allenatore dell'Inter e Beppe Marotta uno dei suoi dirigenti più importanti. Questo dato indica il superamento di alcuni di quei sentimentalismi propri del calcio in favore di un'attenzione più incentrata sugli obiettivi da raggiungere. Ridurre il gap con chi vince da anni e provare a tornare a vincere.
Tornando alla narrazione del derby d'Italia c'è un pensiero che si fa strada deciso. Mourinho probabilmente non si sarebbe fatto scappare l'occasione di citare le vicende extra campo dei bianconeri in occasione della sfida di domani. Non avrebbe probabilmente rinunciato a trovare lo spunto di discutere della violazione del protocollo sanitario da parte della Juve a giugno dell'anno scorso, in un campionato finito con l'Inter indietro di un punto rispetto ai bianconeri.
E poi ancora la vicenda legata al tentativo di ingaggiare Suarez, con tutti i retroscena che stanno emergendo dall'inchiesta. Probabilmente JM avrebbe trovato il modo per riportare l'attenzione su questi temi, riciclandoli a suo vantaggio. Temi che, tra l'altro, sembrano interessare poco i giornalisti e ancor meno la federazione sportiva. Sono cambiate tante cose ma è difficile non sentirsi in parte orfani di quella narrazione. Il ricordo pungente dei rispettivi limiti, fatto con astuzia, alzando la pressione al punto giusto. Inter-Juventus è sempre stata anche questo. E non c'è nulla di male nel ricordarselo.
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