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Inter, mercato flop? Governo cinese e FPF gli ostacoli, ma Suning ha già speso 530 milioni

Andrea Della Sala

Il gruppo cinese è solido e non ha problemi economici, ma non ha potuto spendere in questa sessione di mercato

Il mercato invernale dell'Inter ha portato a Milano i soli Lisandro Lopez e Rafinha, scatenando l'ira dei tifosi nerazzurri che sognavano di poter vedere a San Siro Pastore o altri giocatori di livello. Ma se questa sessione di mercato appena conclusasi si è chiusa a zero (a -1 milioni per l’esattezza) conteggiando entrate e uscite in termini di prestiti e stipendi, ma le due stagioni di marca cinese presentano un saldo complessivo negativo per circa 200 milioni, al netto delle cessioni. Da qui i passi prudenti di Suning, scottata peraltro dalle fallimentari operazioni dell’estate 2016. L’errore, semmai, è stato quello di non aver avvertito per tempo e con chiarezza la tifoseria, quella che riempie San Siro e va trattata (ma a Nanchino non lo hanno ancora compreso bene) alla stregua degli altri stakeholder. Tutto ciò s’intreccia con i paletti del fair play Uefa. L’Inter ha l’obbligo del pareggio di bilancio anche in questa stagione: l’anno scorso le sponsorizzazioni con Suning sono servite anche a centrare il break-even ma i bonus d’ingresso (25 milioni più altri 10 garantiti da un’azienda cinese fuori dal perimetro di Zhang) non ci sono più. Al momento si è in deficit di alcune decine di milioni ed entro il 30 giugno non v’è altra strada che realizzare plusvalenze. Dal primo luglio l’Inter sarà fuori dal settlement agreement ma dovrà sottostare come tutti i club alle norme generali Uefa: massimo 30 milioni di perdite nell’arco di un triennio. Insomma, i nerazzurri dovranno comunque tendere verso l’autosufficienza. Non si può ragionare sulla deludente sessione di mercato senza tenere a mente questo numero: 530 milioni. Soldi che sono serviti (e che servono) per la gestione dell’Inter, non solo per la campagna acquisti ma per tutte le esigenze di cassa di un club storicamente in rosso.

Dalle spese pazze per Joao Mario e Gabigol ai colpi low cost di Lisandro Lopez e Rafinha. I tifosi dell’Inter sono disorientati, e nelle ultime ore hanno messo nel mirino la proprietà per le speranze disattese del mercato di gennaio. Gli imprenditori di Nanchino hanno le spalle solide, non sono a rischio né la continuità aziendale dell’Inter né i progetti di sviluppo sul medio-lungo termine. La holding di Zhang Jindong ha un fatturato di 53 miliardi di euro e la sua branca commerciale ha appena investito 1,2 miliardi per rilevare una quota di Wanda Commercial, in una vera e propria operazione di salvataggio assieme ad altri colossi cinesi come Tencent, JD.com e Sunac, viste le recenti difficoltà del patron di Wanda, Wang Jianlin. Insomma, i soldi non sono un problema per la famiglia Zhang che tuttavia ha la necessità di salvare le apparenze in patria, da quando il governo di Xi Jinping ha imposto una stretta agli investimenti «irrazionali» all’estero, tra cui quelli nello sport, per frenare la fuga di capitali e ridimensionare la bolla del debito interno (l’allineamento ai diktat del Partito spiega anche i no ai prestiti dal Jiangsu di Ramires e Teixeira). Nel frattempo Zhang Jindong è stato eletto delegato della 13a Assemblea nazionale del popolo in Cina, giusto a sottolineare i legami del magnate col governo. E anche l’obbligo di non irritare il grande leader Xi.

(La Gazzetta dello Sport)