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Se il rammarico è enorme, è perché questa Inter ha dimostrato di essere all'altezza. Sulla carta assolutamente non forte come il City, ma in grado di soffiare con la brezza incoraggiante del sacrificio e dell'ambizione sulla leva schiacciante di un pronostico che sembrava non lasciarle scampo. Il giorno dopo è inevitabile fare a pugni con i 'se' e con i 'ma', leccarsi le ferite dopo 90' in cui il sogno è stato vicino tanto così. Salvo poi svanire, catapultando bruscamente Inzaghi e i suoi davanti allo specchio della realtà. C'è chi però non aspettava altro e, per questo, non bisognerà commettere l'errore più grande: dimenticare il contesto. Oggi, più che mai, aiuta a ricordare che quello nerazzurro rimane un capolavoro.
Perché il ritornello, da settimane, era lo stesso in tutto il mondo. L'Inter sembrava dovesse supplicare il City almeno di lasciarle la dignità e la forza di tornare a Milano. Certo, qualcuno proverà a giustificare il grande equilibrio dei 90' all'Ataturk con il segreto dell'imprevedibilità che rende il calcio lo sport più bello del mondo. Ma non basta, perché quella di Inzaghi non è soltanto una squadra che ha gettato il cuore oltre l'ostacolo.
I nerazzurri sono tanto altro. Un portiere tra i migliori 5 al mondo, una difesa in grado di sopperire per mesi all'assenza del suo elemento migliore senza colpo ferire, una mediana piena di giocatori invidiati da tutta Europa e un attacco in grado di far paura a chiunque. Senza contare il valore di un allenatore che nel preparare certe partite non è inferiore a nessuno e per un soffio ha mancato lo sgambetto a colui che, per tutti, ha cambiato il calcio moderno.
L'Inter è insomma una squadra di primo livello. Può e deve essere migliorata nel mercato che sta per iniziare, ma che ha costruito base ben solide. La sfida più difficile in questo momento è voltare subito pagina. Per eliminare l'aria viziata che inevitabilmente si verrà a creare e ricominciare con lo spirito giusto.
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