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Si è toccato il fondo. Il buio più tetro, il buio più inquietante. Un assunto forse banale, ma probabilmente imprescindibile, se si vuole partire con un'analisi accurata del momento dell'Inter. D'altronde, è ciò che pensa (a ragione) la quasi totalità del popolo interista, stanco di guardare le partite della squadra e ritrovarsi, quasi come in un incubo, proiettato nuovamente all'interno dello stesso film. Una gabbia immaginaria da cui pare quasi impossibile uscire.
Perché, diciamocelo francamente: è sempre la stessa Inter. Possono cambiare i giocatori, possono cambiare gli allenatori e addirittura le proprietà ma, a quanto pare, c'è una costante che resta invariata: la fragilità di una squadra che, di colpo, si spegne e smette di essere quella d'inizio stagione e inizia inesorabilmente a farsi risucchiare in sabbie mobili sempre più opprimenti. Perché tutto questo?
Non sappiamo se effettivamente sia successo qualcosa nelle segrete stanze di Appiano Gentile, se la squadra abbia smesso di seguire il proprio allenatore o semplicemente se stiamo parlando di giocatori che non hanno le caratteristiche o il carattere necessari per venir fuori da certe situazioni. Sta di fatto che ogni anno ci ritroviamo, al calare dell'inverno, a piangere sulle malefatte di una squadra troppo brutta per essere vera. La sconfitta contro il Bologna è l'epilogo peggiore di settimane passate a sussurrare, a vociare, a urlare, a pubblicare post sui social, a rincorrere notizie e indiscrezioni, a parlare di rinnovi e di richieste di cessioni. Il tutto, dimenticando la cosa più fondamentale: l'Inter stessa. Eh già, perché lo spettacolo offerto ieri a San Siro è quanto di più lontano si possa immaginare dall'idea di Inter, quella che ha reso questo club glorioso e amato in tutto il mondo, con i suoi trofei, il suo significato profondo e i suoi tifosi. E' inaccettabile che una squadra del blasone dell'Inter possa sistematicamente afflosciarsi al fiorire delle prime difficoltà.
Per questo a Spalletti è giusto fare una richiesta: se lo ritiene ancora possibile, fattibile, se pensa di poter avere (come crediamo) ancora un ruolo in questa società, beh, che salvi la dignità di una squadra che ieri è apparsa allo sbando. La sua Inter non aveva gioco, idee, soluzioni, senso di appartenenza, per rimarcare un concetto espresso da Marotta nelle scorse settimane. Un risultato inammissibile, se parliamo di un progetto nato un anno e mezzo fa. Ci sta perdere, ma qui a mancare è proprio il progetto di gioco. Ed è la cosa più grave che possa accadere a un allenatore che, per giunta, non ha mai mancato di sottolineare i progressi fatti sotto la sua gestione. A questo punto era lecito anche pretendere qualcosa in più. Squadre come il Sassuolo o l'Atalanta, tanto per fare due esempi, scendono in campo con un copione ben preciso, che seguono al di là dell'avversario e dei risultati. E nessuno potrebbe insinuare che le rose di De Zerbi e Gasperini siano superiori a quella a disposizione di Luciano Spalletti. Ma qui si apre un altro capitolo.
Eh sì, perché l'allenatore avrà anche le sue (tante) colpe, ma non è il solo ad averle. Perché non può essere colpa di Spalletti se, per esempio Lautaro Martinez sbaglia gol da campionato amatoriale; non può essere colpa di Spalletti se Dalbert sbaglia sistematicamente giocata; se Nainggolan (che pure lui ha tanto voluto in nerazzurro) gioca con evidenti problemi di tenuta fisica, con svogliatezza, con un atteggiamento palesemente lontano dalla fame e dalla ferocia. Senza contare la situazione di Perisic, ormai fin troppo nota, e di Icardi, fino a prova contraria il capitano di questa squadra.
Qui, c'è da soffermarsi un attimo. La storia dell'Inter è piena (fortunatamente) di capitani e veri uomini sempre pronti a metterci la faccia, soprattutto quando le cose giravano male. Beh, una domanda sorge spontanea: dov'è Icardi? Non parliamo dello spettacolo semplicemente osceno offerto in campo, ma delle sue mancate parole. Hanno parlato ieri Ranocchia e Dalbert, altri lo hanno fatto dopo le uscite infelici di quest'ultimo periodo. Ma lui? Un capitano dovrebbe prendersi la responsabilità, specialmente quando è fra i protagonisti in negativo, di presentarsi di fronte alle telecamere e provare a spiegare il perché di tanta pochezza. Invece, come spesso gli è accaduto, Mauro si è trincerato dietro a un silenzio deprimente. Troppo semplice scrivere un frase-contentino sui social, senza possibilità di replica, o lasciare parole e scena a Wanda, mettendo in continua difficoltà società e compagni, sui social e in trasmissioni televisive. Ci dispiace, Mauro, ma il capitano dell'Inter non fa così. Per informazioni, chiedere all'attuale vicepresidente.
I tifosi hanno sopportato, hanno abbassato la testa, hanno trattenuto a lungo la loro rabbia. Ora, bisogna capirli se fischiano e se urlano. Perché a tutto c'è un limite. E quello, purtroppo, ieri è stato ampiamente superato.
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