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INTER TRA MORATTI E CLAUSOLA “PUT” E I CINESI DI PIRELLI. ZERO RISCHI DI DEFAULT. THOHIR…

Daniele Mari

Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore, ha analizzato per Goal.com la situazione economica dell’Inter alla luce della posizione in classifica, che in questo momento vedrebbe i nerazzurri fuori dalla Champions. Quali sono, in tutto...

Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore, ha analizzato per Goal.com la situazione economica dell'Inter alla luce della posizione in classifica, che in questo momento vedrebbe i nerazzurri fuori dalla Champions. Quali sono, in tutto ciò, le intenzioni di Moratti: "Le dichiarazioni pubbliche celano il privato convincimento di Moratti di voler uscire dalla società. Al momento della cessione del 70% dell’Inter, Moratti aveva ottenuto l’inserimento di una clausola “put” nel contratto. Vale a dire il diritto di vendere la sua restante quota (29,5%) a Thohir, se non avesse trovato altri acquirenti. Questa clausola non poteva essere esercitata prima dei due anni dalla vendita, ma può essere esercitata fino ai tre anni dalla stessa. In pratica, in qualsiasi momento Moratti, da qui fino al prossimo novembre può pretendere che Thohir rilevi la sua partecipazione.

Avrebbe potuto esercitare questo diritto già dal novembre 2015, ma non lo ha fatto perché l’ex patron non intende destabilizzare l’ambiente e perché un’Inter di nuovo protagonista potrebbe trovare compratori disposti a pagare bene un pacchetto azionario che, rapportato al prezzo della cessione, potrebbe valere fino a 100 milioni. Una cifra su cui si proiettano però sempre più minacciose le ombre di una gestione che nel primo biennio (2014-2015) ha accumulato 240 milioni di perdite, che farà molta fatica a rispettare il diktat Uefa, imposto per le violazioni al Fair play finanziario, di un rosso 2016 di soli 30 milioni e che ha uno stock di debito di oltre 400 milioni (inclusi i 108 milioni prestati da Thohir all’Inter), cui si aggiungono i “pagherò” del calciomercato estivo 2015 per circa 50 milioni.

RICERCA SOCI - Moratti dunque ha fatto trasparire la sua volontà di uscita a Thohir, prima che il valore della sua quota si riduca ulteriormente. Thohir a sua volta non ha intenzione di incrementare la sua partecipazione (pagata finora con un aumento di capitale ad hoc per 75 milioni) e fiutando il nuovo vento che spira dall’Oriente, si è rivolto a Goldman Sachs per trovare nuovi soci. Vale a dire investitori pronti a rilevare la partecipazione di Moratti ed eventualmente una parte della sua maggioranza (detenuta con l’amico Handy Soetedjo). Ufficialmente il tycoon indonesiano ha spiegato che “bisogna sfruttare le potenzialità della Cina. Anche se la ricerca non è limitata alla Cina”. Per il momento proprio il colosso della chimica China National Chemical Corporation, nuovo azionista di maggioranza di Pirelli, sta spingendo per il rinnovo della storica sponsorizzazione con l’Inter (si parla di un triennale da 10 milioni di € a stagione).

NON ESISTE IL RISCHIO DI FALLIMENTO - "Ma se l’Inter non dovesse centrare l’obiettivo Champions League? Cosa accadrà? Si rischia il fallimento? I timori di un default serpeggiano tra gli addetti ai lavori anche perché in questi mesi le scelte della dirigenza e della proprietà non sono andate nella direzione di un risanamento dei conti. Si è voluto, al contrario, rischiare investendo molto per centrare subito un obiettivo come la Champions indispensabile per i proventi diretti e indiretti che è capace di produrre.  D’altro canto, lo scenario di un fallimento sarebbe “normale” per un’azienda di qualsiasi altro settore che “sbaglia” clamorosamente business plan. Contro questa prospettiva però pesano almeno diversi elementi. L’Inter rappresenta calcisticamente ciò che nel mondo finanziario sono certe banche, ovvero “Too Big to Fail”, troppo grandi per fallire.

Il blasone non è uno schermo per l’infallibilità eppure basta per ritenere controproducente per tutti un evento come il fallimento. La morte del debitore è l’ultima cosa che spera il creditore. Inoltre nello scenario peggiore per l’Inter ci sarebbero due elementi patrimoniali che potrebbero consentire di uscire dalle secche evitando di portare i libri in tribunale magari rinegoziando il debito, ripensando piani di sviluppo, dirigenza (al di là del robusto turn over di questi primi due anni) ed assetto azionario: un brand tuttora unico e una rosa che vale più di 250 milioni. E poi la palla nei prossimi mesi potrebbe tornare a rotolare nel verso giusto e semplificare le cose. Le qualità tecniche e tattiche ci sono. E non è detto che prima o poi gli Dei del Calcio non bacino quelli della Borsa."