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"Inzaghi non è andato all’uno contro uno classico, con l’eccezione di Acerbi su Haaland. Inzaghi ha architettato un sistema di marcature posizionali, in base ai movimenti degli avversari. Brozovic si divideva tra Rodri e De Bruyne, Darmian tra Grealish e De Bruyne, finché il belga è stato in campo. Un atteggiamento di prevenzione che seminava dubbi nel City, forse abituato bene nella Premier League dell’intensità, ma non dell’applicazione costante e cerebrale per il disinnesco. E poi i cambi di gioco dell’Inter, da destra a sinistra e viceversa, prendevano in controtempo la linea difensiva del City".
"Il Manchester bellissimo e quasi invincibile a Istanbul non si è visto. Il City non ha rubato la vittoria, la sconfitta dell’Inter non è giusta. Inzaghi avrebbe meritato la chance dei supplementari per come ha imbrigliato e infastidito il City. Ha beffato Pep e il risultato non c’entra, è chiaro. Ci riferiamo alla prestazione. Tutti i discorsi sulla grande bellezza, sul calcio di Guardiola come via maestra e rivoluzionaria, oggi suonano abbastanza stonati. Il City ha vinto con normalità, senza incantare, e ha rischiato di subire più di una rete, dimostrazione di una fragilità difensiva di fondo. Tutte le chiacchiere della vigilia sulla distanza siderale tra City e Inter erano infondate", sottolinea il quotidiano.
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