Simone Inzaghi si è ripreso l’Inter. Dopo le difficoltà attraversate a cavallo tra la sosta per le nazionali, l’allenatore nerazzurro ha dato importantissime risposte sul campo. Nella notte di Inter-Roma 1-2, la situazione di Inzaghi è questa: 8 punti in meno di Spalletti capolista; 4 sconfitte in 8 giornate; 11 gol subiti dalla difesa che nel campionato precedente aveva messo in fila 6 clean sheet; quarta sconfitta subita in rimonta. Ecco quanto evidenziato oggi dalla Gazzetta dello Sport sul lavoro svolto dall’allenatore nerazzurro post ko con la Roma.
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Inzaghi rinato due volte: così si è ripreso l’Inter. E ora aspetta Brozovic e Lukaku
La prima rinascita
"A San Siro 1 - La difesa ritrovata
2 - Spirito di squadra
Succede che Simone si mette a tavolino e studia il piano giusto: «Per prima cosa devo ritrovare difesa e cuore». Nessun assalto garibaldino alla ricerca dell’impresa clamorosa. Nessuna isteria, tutto molto razionale. L’Inter si compatta davanti a Onana, linee strette che tolgono ossigeno al palleggio catalano, Skriniar e De Vrij tornano muro, concentrazione a palla, tutti disposti a difendere con le unghie il vantaggio di Calhanoglu. Dimarco è un inno alla generosità e al senso di squadra recuperato. Nessuna vergogna di lasciare al Barcellona il 62% di possesso; nessun imbarazzo a parcheggiare il pullman davanti alla porta. Umiltà, sacrificio e sofferenza. È così che Simone ha rimesso in circolo l’orgoglio nelle tubature dell’Inter. I nerazzurri si sono sentiti all’altezza di una grande d’Europa, dopo la frustrante sconfitta col Bayern, e si sono convinti di poterlo rifare al Camp Nou. Poi il secondo atto del capolavoro.
E la seconda rinascita
Al Camp Nou 3 - Dzeko porta coraggio
4 - Ecco il vero Lautaro
Il pullman dell’Inter curiosamente ha trascorso la notte di vigilia nel parcheggio del Camp Nou. Chi lo vedeva, lo fotografava e ci scherzava sopra: «Domani lo spostano davanti alla porta...» Probabilmente lo pensava anche Xavi. Invece Inzaghi ha capito che sarebbe stato un suicidio riproporre il copione di San Siro, perché il Camp Nou è un altro mondo. In una bolgia di 94.000 diavoli devi correre per venirne fuori, non puoi restare fermo a difenderti. Ancora Darmian e un mediano in più (Gagliardini) per fare densità, con Mkhitaryan a supporto d Lautaro? No, l’offensivo Dumfries e Dzeko di punta. La squadra ha raccolto il messaggio di coraggio. Il canale di comunicazione si è sbloccato. Dzeko ha stampato la traversa al 17’ e, quando ha segnato Dembelé, il coraggio è rimasto vivo e ha preso la voce forte di Onana che ha urlato da leader. Anche la decisione di piantarlo tra i pali, interrompendo l’alternanza annunciata, non è stata banale. Ma era quella giusta. Bastoni ha mandato in gol Barella con un lancio perfetto. Il panchinaro furioso di Udine e Duracell che sembrava senza pile: i due ragazzi d’oro rifioriti d’incanto.
Così come Lautaro, che ha ritrovato il gol, splendido, e, su lancio alla Suarez di Onana, ha spalancato la porta a «Godot» Gosens, arrivato finalmente. La ciliegina della vittoria se l’è mangiata Asllani, ma Inzaghi ha ottenuto comunque quel che voleva: raggiungere gli ottavi di Champions (anche se tanti interisti cresciuti a pane ed Helsingborg non si fidano del Viktoria Plzen) e riprendere in mano le redini dell’Inter. Ha rifondato la squadra in due atti: prima le ha ridato cuore e spirito di gruppo; poi ha aggiunto coraggio, gioco e gol. Ha dato una mano di colla all’ambiente e rimontato la fiducia di giocatori, dirigenti e tifosi. Ora, con il recupero di Brozovic e Lukaku, potrà divertirsi e ritrovare un gioco più dominante. Si lancerà nella rincorsa del Napoli e di nuovi trofei. Magari senza sbandierarlo in piazza…”, si legge.
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