Con una rabbia che serve, con una forza che servirà. Lautaro Martinezci ha messo pochi minuti a segnare al Bologna. La serata storta contro il Real Madrid aveva segnato un po' tutti. Si era stampata sulla faccia dei nerazzurri un'incazzatura, concediamocelo, che arriva quando sai di aver dato tutto e non sei riuscito ad ottenere nulla. Quando ha spinto quel primo gol contro i rossoblù, quello che ha aperto le marcature in una serata larga dal punto di vista del risultato, ha esultato con una forza in corpo che ha travolto San Siro. Era l'urlo del 'ci siamo', era l'urlo di chi ha vinto e sa che può ancora provare a rifarlo.
copertina
Lautaro e quella rabbia da Inter negli occhi. Via le ombre, è lui il leader tecnico
L'attaccante è il punto di riferimento dopo gli addii eccellenti dell'estate. Il suo potenziale può essere essenziale per la squadra di Inzaghi
Lautaro è arrivato a Milano nell'estate del 2018. La sede dell'Inter era ancora a Corso Vittorio Emanuele. È entrato nel portone al numero 9 con accanto i suoi agenti. Ma c'era anche Diego Milito. Con lui Ausilio e Zanetti avevano parlato per convincerlo a vestire il nerazzurro. E Dieguito lo ha accompagnato nella città in cui aveva fatto e realizzato sogni grandissimi. Quando il Toro è arrivato a Milano sembrava quasi spaventato dalla folla incuriosita arrivata ad accoglierlo. Non si sapeva molto di lui. Si diceva "è uno veramente bravo". Con quelle referenze lì, non c'era da sbagliarsi.
LEGGI ANCHE
I numeri
Non è stato tutto facile. Per prendersi l'Inter ci ha messo tempo e spazio. Se lo è preso tutto quando è successo quello che è successo con Icardi e Spalletti ha dovuto contarci. Prima era stato la sua riserva. Poi è diventato la prima punta. Nella prima stagione in nerazzurro 1.761 minuti giocati in totale tra campionato, CL, Coppa Italia ed EL: 35 presenze, 9 gol è un assist (*). Nella seconda stagione era già cambiato tutto: Conte in panchina e lui a fianco a Lukaku fino al secondo posto in campionato e alla finale di EL. 3.595 minuti giocati in totale in quattro competizioni, 49 presenze e 21 gol (14 in Serie A) e 8 assist (*). Alla seconda stagione, quella dello scudetto, 48 presenze in tre competizioni (Serie A, Coppa Italia e CL) 19 gol segnati (ma 17 solo in Serie A) e 3.255 minuti giocati (*). Ha inciso sullo scudetto perché c'è stato il suo zampino anche in altri gol: ha servito ai suoi compagni 10 assist in campionato (11 in totale).
Un leader
In estate sembrava lui il prescelto per l'addio insieme ad Hakimi. Invece lui prima ha vinto la Coppa America con l'Argentina, accanto a Messi. Poi è tornato a Milano senza nessuna voglia di lasciarla. D'accordo, non sono arrivate forte le offerte che ci si aspettava. Ma con lui si parla di rinnovo da tempo.
La società gli prolungherà il contratto, sarà adeguato per chi ha dato tanto alla causa, e lui sarà felice di restare. Questa volta può essere il protagonista assoluto della squadra nerazzurra. L'ombra di Icardi prima, quella di Lukaku poi, anche nell'anno della vittoria. Adesso è Lautaro l'uomo al centro dell'Inter. Lo è diventato perché è cresciuto tantissimo e ci sono pure margini di crescita, un potenziale da mostrare. Come uomo chiave di una squadra che ha vinto, perso punti di riferimento e ha bisogno di ritrovarli negli occhi, nella rabbia, nei gol di un leader tecnico.
(*) dati transfermarkt.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA