"Questa squadra ha ancora tanto da dare". E' stato questo il ritornello ripetuto in maniera ossessiva da Claudio Ranieri e Massimo Moratti in questi ultimi mesi. Il problema è che il campo dimostra che non è così.
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Le sette vittorie hanno creato un’illusione: il ciclo è finito, ora serve chiarezza
“Questa squadra ha ancora tanto da dare”. E’ stato questo il ritornello ripetuto in maniera ossessiva da Claudio Ranieri e Massimo Moratti in questi ultimi mesi. Il problema è che il campo dimostra che non è così. Al di là di...
Al di là di qualche reazione d'orgoglio da parte di grandissimi campioni e grandissimi professionisti che non ci stanno a gettare la spugna, l'impressione che dà l' Inter è proprio quella opposta rispetto alle convinzioni societarie: questa squadra non ha più niente da dare, non è finita ma sfinita da tante battaglie, fatiche e vittorie.
E se persino il grande Barcellona sta soffrendo per l'appagamento da successi, non si può escludere che anche i grandi vincenti nerazzurri soffrano di un umano calo di motivazioni.
E qui si inseriscono le colpe gravi della società, che non sta dando l'idea di avere un progetto preciso e chiaro per il futuro. Le sette vittorie consecutive, e soprattutto il successo nel derby, hanno creato l'illusione di un gruppo in ripresa e hanno fornito l'alibi alla società per un mercato di riparazione a dir poco discutibile. Cedere il perno del centrocampo per sostituirlo con un giocatore che non sarà a disposizione prima di un mese è un errore a metà tra la superbia e la miopia.
Palombo e Juan Jesus, poi, non sono al momento innesti in grado di dare una sterzata forte. Il progetto giovani non decolla, tanto è vero che Coutinho è partito per Barcellona e Castaignos prende freddo sulle tribune del Meazza.
Il ciclo vincente dell' Inter è finito, è finito perché la carta d'identità non si inganna e perché se cedi Balotelli, Eto'o e Thiago Motta e non li sostituisci con campioni all'altezza, ti esponi a quel concetto che tutti vogliono negare ma che incombe sul futuro interista: il ridimensionamento.
Ora l' Inter, intesa come squadra, deve fare del suo meglio, aggrappandosi all'orgoglio e alle poche energie residue, per cercare di strappare un terzo posto che al momento sembra obiettivo estremamente complicato ma non impossibile, tenendo conto del ritmo delle altre.
L' Inter, intesa come società, invece non ha più bonus da spendere con i tifosi. Nelle ultime quattro campagne acquisti ne sono state sbagliate completamente tre (salviamo gennaio 2011, quando gli arrivi di Ranocchia, Nagatomo, Pazzini e Kharja effettivamente diedero una spinta alla squadra di Leonardo). Una media che non ammette più errori.
A giugno serviranno idee chiare, soldi e una buona dose di umiltà. Perché il ciclo è finito, e continuare a negarlo significa solo fare il male dell' Inter.
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