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Cordoba: “Inter tenga Murillo. Le nostre vittorie? Gruppo nel gruppo. Mou, Cuper e…”

Simona Castellano

Questo pomeriggio Ivan Ramiro Cordoba presenterà a Milano il suo libro “Combattere da uomo”. Presenti anche Massimo Moratti, Lele Adani. Non ci sarà, invece, Zanetti, impegnato in Cina, intervenuto attraverso un breve filmato. Modera...

Questo pomeriggio Ivan Ramiro Cordoba presenterà a Milano il suo libro "Combattere da uomo". Presenti anche Massimo Moratti, Lele Adani. Non ci sarà, invece, Zanetti, impegnato in Cina, intervenuto attraverso un breve filmato. Modera l'evento Beppe Severgnini.

FcInter1908.it, presente all'evento, vi riporta le loro parole:

CORDOBA  - Ho sempre tenuto un profilo basso, ma la mancanza di mia madre mi ha mosso qualcosa dentro. Voglio ricordare mia mamma: "Ogni anno si rinnova la nostra esistenza ed è un anno in più di giovinezza" (un estratto del libro, ndr).  Maria mi dà la forza, è una donna molto saggia. Le madri sviluppano un sesto senso verso i loro figli che è una cosa fantastica. Lei mi ha aiutato tantissimo nella mia vita. Nelle scelte in cui potevo prendere brutte strade e potevo sempre confidarmi a lei. Grazie Maria, grazie amore per tutto. 

MORATTICordoba si riassume con la parola coraggio. Ha un modo coraggioso di approcciarsi alla vita e per questo lo stimo molto. 

Tifoso a Cordoba: L'Inter può fare a meno di Murillo?

CORDOBA - L'Inter non deve fare a meno di Murillo, ma dipende da lui. Murillo ha un passato che lo lega all'Inter, secondo me si sente l'Inter dentro. È difficile che vada via. Lui è cresciuto con Inter Campus. Per un ragazzo che ha a giocare ad Inter Campus pensate a quel ragazzo che è là, si diverte, un giorno sogna la maglia dell'Inter e poi è qua a San Siro a giocare davvero, io penso che è il massimo che possa desiderare dal calcio. Allora secondo me dipende da lui, dai suoi progetti. Da cosa vuoi dare a quella squadra.

Tifoso a Cordoba: L'approccio alla partita di Madrid com'è stato?

CORDOBAQuella motivazione di andare a giocare la finale di Champions ci ha fatto vincere anche Coppa Italia e campionato. Eravamo tale mente carichi che pensavamo di arrivare là e fare il Triplete. Anche quando la Roma era sopra di noia sapevamo  che la Roma avrebbe sbagliato. Noi non dovevano fermarci mai. Ci sono stati pochissimi momenti in cui abbiamo abbassato la guardia, ma abbiamo avuto fede. Io sono molto cattolico. Voglio trasmettere le sensazioni che ho vissuto quando ero lì. Quando ero in campo e i tifosi urlavano il mio nome io cominciavo a correre. Mettevo il turbo. I tifosi sono importantissimi, ti fanno tirare fuori quello che non sai di avere. È allora che alcune squadre hanno il dodicesimo uomo in campo. 

CORDOBADa tutti gli allenatori ho cercato di imparare le cose che avrebbero potuto darmi esperienza. Cuper si è subito dimostrato una guida per noi. Fino a quel momento eravamo un casino: non eravamo ordinati, non c'eravamo con la testa. È arrivato Cuper e ci ha messo in riga. Se non ci fosse stata quella situazione (calciopoli) pensa cosa avremmo potuto fare con Cuper. Lui se lo meritava. Ho avuto un rapporto speciale con Mancini perché mi ha dimostrato piena fiducia, totale. C'erano delle partite in cui giocavo anche quando stavo male fisicamente con la caviglia gonfia: lui mi chiedeva di esserci, anche nelle partite meno importanti. Quando instauri questi rapporti capisci che l'allenatore ha piena fiducia in te e scatta qualcosa che ti permette di entrare in campo e giocare per la squadra, per te stesso, un po' di ego non guasta mai, devi sentirti importante per la squadra. La cosa più importante però è il gruppo. Quando c'è una società un presidente che ti supporta e soffre insieme a te, e  in più ci aggiungi un allenatore che ha fiducia in te, ti viene di spaccare il mondo in campo. Nessun pallone ti sembra impossibile. Non m interessa fare l'allenatore, forse solo con i piccoli. Io non ho il carattere per diventare allenatore: andrei più a sentimenti. Se vedo che uno si ammazza di lavoro durante la settimana io lo metto in campo. Ma non è giusto così. Ci sono altri aspetti nel calcio e in questo Mourinho è un fenomeno: saper utilizzare un calciatore nel momento giusto e nel posto giusto. Però bisogna capire che se un calciatore gioca con le motivazioni, è felice (Mourinho riusciva a sapere anche se avevo problemi familiari) e lui un giocatore così lo metteva in campo anche se non giocava da dieci partite. Per me è per quello che Mourinho ha fatto sempre la differenza. È impossibile essere come Mourinho, solo lui era così. 

MORATTI - C'era snobismo sulla Coppa Italia ma era importante quella da vincere perché il Milan quell'anno aveva perso la Champions. Sembrava la avessimo vinta noi. Si capiva che qualcosa era scattato. Madrid? Io sono rimasto lì, loro invece con Angelo Mario sono andati a festeggiare allo stadio quella notte e si sono sfogati abbastanza. A Madrid c'erano solo interisti, ovunque. Era così. Dopo il 2010 cosa avremmo dovuto fare? Per me abbiamo sbagliato allenatore subito dopo. È professionale, ma c'era grande differenza di carattere comunicativo e sentiva il peso di tutte le vittorie. Io non gli ho rotto le scatole, ma mi sembrava non potessimo festeggiare niente per non disturbare e questo creava una situazione che generava poco entusiasmo immediatamente. La cosa che ti fa vincere è il piacere di giocare a calcio e divertirsi e se qualcuno ti guarda male mentre lo fai non riesci. Poi è arrivato Leo, uno dei migliori per me nel mio percorso da presidente. Molto intelligente, bravo da allenatore e dirigente, mi sembra strano che non abbia ripetuto la sua esperienza di allenatore. Poi abbiamo inseguito allenatori di talento, non è andata bene ma ci siamo divertiti tanto lo stesso. 

ZANETTI (intervenuto attraverso un video) - Mi dispiace non essere lì con voi, sono in Cina per impegni di lavoro per l'Inter. Voglio salutare tutti i presenti con tante affetto e soprattutto il mio grande amico Ivan che ogni presenta il suo libro in cui racconta la sua vita. Grande combattente in campo, ma soprattutto fuori. Complimenti, un grande abbraccio e non ho dubbi che sarà un grandissimo successo. Ti voglio bene fratello. 

Severgnini a Cordoba: Quanti gol hai fatto in serie A? Te ne ricordi uno in particolare?

CORDOBA - Ho fatto 18 gol in Serie A, quello che ricordo con piacere è quando tornavo dall infortunio al ginocchio, ero in dubbio se giocare o no. Avevo tanta voglia, avevo quasi rabbia con L allenatore perché non sapeva se farlo giocare (ride). Non pensavo a fare gol, e invece mi sono trovato in area senza sapere perché fossi li. Calciammo un corner, sprecato, quindi sarei dovuto tornare per coprire, ho fatto sempre così. Quella volta sono rimasto lì. Pandev prende palla, crossa e io di sinistro da fuori area ho fatto un gol impossibile per me. Giocavamo contro il Napoli, ho fatto una capriola per esultare e quasi mi spaccavo di nuovo il ginocchio. 

Severgnini a Cordoba: È un caso che l'Inter sia legata ai sudamericani? Perché la scegliete?

CORDOBA - È la storia che chiama i giocatori e l'Inter sapete meglio di me come è nata, per aprire le porte al calcio internazionale e diventare una squadra mondiale. Ogni sudamericano che arriva all'Inter sa che arriva a casa. C'è una sensazione particolare quando arrivi all'Inter, ne vai a vedere la storia. Trovi tanti sudamericani ed è molto più facile. Pensi "qui ci posso stare, voglio far parte di questi giocatori che hanno fatto la storia". 

G. FACCHETTI - Alla vigilia del campionato 2005/2006 papà torno a casa e disse che avevano offerte per Cordoba e Cannavaro. Io gli chiesi chi volevano cedere e papà disse: "Non chiedermelo nemmeno". Questo per far capire che quell'Inter era fatta da persone per bene. Cordoba è uno di quelli, uno di quei volti che ci hanno fatto innamorare di quell'Inter. Oggi ci mancano perché c'è stato un cambiamento radicale. Oggi l'Inter fa fatica a parlare una lingua che è vicina alla città. Invece quell'Inter parlava la lingua dei tifosi e Cordoba era uno di loro. Quindi gli dico grazie. Abbiamo condiviso gioie e dolori, che poi sono i dolori che ci hanno temprato per portarci ai successi che vi hanno permesso di tenere alta la bandiera nerazzurra e i nostri colori.

Severgnini ad Adani: Chi può essere nuovo Cordoba?

ADANI - Nel calcio italiano di oggi non è facile trovare qualcuno come Cordoba. Unire tutte le sue qualità morali e tecniche è difficile. In Europa c'è Gimenez che è cattivo, concentrato e sa adattarsi alla coppia. Sa rimediare anche agli errori del avversario, come Cordoba. Nel calcio di oggi non è facile trovarne perché le difese giocano alte in linea. Cordoba giocava con la garra e la trasmetteva a tutti. Io ricordo un aneddoto: una partite nel 2003, giocavamo a Torino contro la Juve. Avremmo dovuto giocare io cordoba e gamarra. Davanti a noi almeyda cruz, Vieri, Zanetti. Non vincevano a Torino da tanto ma io sapevo che avremmo vinto. Espugnammo Torino vincendo 3-1. Giocatori come lui trasmettono cattiveria a tutta la squadra. 

MORATTI - Gamarra era intelligente, era forte. Per noi il giocatore è il massimo, quindi uno che non deve sbagliare mai. E appena sbaglia lo mandiamo via. Purtroppo la pensavo così anche io (ride, ndr). Era un ragazzo per bene sicuramente. 

Severgnini a Moratti: Cordoba saltava 75 cm. La coppia di centrali funziona in due. Con chi lo hai visto a suo agio?

MORATTI - Io guardo le partite e mi diverto, niente 442, ecc., mi piace vedere che la squadra funzioni. I giornali giudicavano Cordoba sempre con il voto più basso non essendo italiano. Lo ho visto bene con Materazzi ma anche con Samuel. Ivan sapeva adattarsi alle caratteristiche del compagno. Più degli attacchi i difensori devono essere concentrati e loro tre ce l'avevano. Pure Materazzi anche se faceva casino (ride, ndr). 

ADANI - Ringrazio Ivan e Moratti per l'invito. Insieme abbiamo fatto un percorso breve ma intenso da cui è iniziato tutto. Voglio chiedere ad Ivan le sensazioni che ha avuto durante l'era Cuper, da cui è partito il rinnovamento dell'epoca nerazzurra, con le basi che avete dato tu, Zanetti, Toldo, con cui poi avete cambiato la storia dell Inter. Quali sono state le sensazioni che avevi in quel periodo?

CORDOBA  - La Cueva è una setta. Una specie di gruppo dentro un gruppo. Nella cueva abbiamo iniziato a covare tutto e a dare di più, ma qualche forza strana non faceva andar le cose per il verso giusto. Poi abbiamo scoperto quale era questa strana forza. Tutti i ritiri che abbiamo fatto, le riunioni per capire cosa dovevamo fare per dare una svolta, sono state delle serate particolari e intense. Io credo che l'anima che si è portata dentro la squadra veniva da lì. Mi tornano in mente le immagini della Champions, della Coppa Italia, viene tutto da lì, nasce nella Cueva. La Coppa Italia per me era come la Champions, per me che venivo da un paese come la Colombia. Quando abbiamo vinto la prima Coppa Italia mi hanno detto che abbiamo esagerato nei festeggiamenti, ma per me è stato vincere come una Champions perché lì abbiamo cominciato a vincere ma abbiamo vinto per tutto quello che abbiamo sofferto prima. Per me tutto è cominciato nella cueva, quel gruppo ha messo in testa a tutti l'idea di poter vincere tutto, dopo quei momenti in cui soffrivamo tutti, il presidente, i tifosi e tutti. Anche per questo Lele è qua. Abbiamo fatto anche delle maglie: delle maglie della Cueva con disegni e tutto. Era la trasfigurazione di pensieri semplici ma reali. 

Severgnini a Moratti: Perché Cordoba ha smesso?

MORATTI - Non so. Ci sono giocatori che hanno un fisico particolare che magari gli va male tutto in un giorno e decidono di ritirarsi. Cordoba non si è avvicinato neanche alla idea di ritirarsi quando poteva fare un errore che potevano rifacciargli. Ivan ha un giudizio severo su di sé e molto equilibrato. Lui giocava sempre con grande attenzione per tutta la squadra e tante volte salvata al posto del portiere. Vedeva dove andava la palla con saggezza. Alla Roma a Totti vogliono bene, ma un po'. Picchi era uno intelligente e salvava palloni ed era uno che dimostrava fisicamente di essere in campo. Il suo atteggiamento era molto simile a quello di Cordoba. Non mi ricordo altri giocatori che mi ricordano Ivan, ma alla mia età avere memoria non è obbligatorio (ride. ndr). 

Severgnini a Cordoba: Cosa deve fare adesso Totti?

CORDOBA - Totti ha dimostrato ciò che è. È entrato 10 minuti e ha fatto gol. Io penso che lui si renda conto dell'età, ma dipende da come viene gestita la situazione con la società. Ma anche per i suoi compagni, il fatto che entri e tiri la squadra fuori dai casini, è una soddisfazione, soprattutto per lui.

Severgnini a Cordoba: Dici che non sei un giocatore di giocate sopraffine e che il calcio è fatto anche di pestoni. Dove sta la differenza tra un difensore e un attaccante in questo?

CORDOBA - Non sarò diplomatico. Non lo sono stato neanche nel libro. È facile per me accorgersi, e Adani può ben dirlo, quando nel calcio dopo una giocata un giocatore simula, quando è scorretto, quando è violento o quando non lo è, quando è leale o sleale. È il modo con cui si impara il calcio da piccoli. Noi che viviamo il calcio queste cose le capiamo subito. Se trovi un attaccante che dà botte, dalle anche tu, così lui va dall'altra parte. Ci sono alcuni che se fanno così si elettrizzano ancor di più e cercano lo scontro, ad esempio Ibrahimovic. Lui sa di essere forte e quando capisce che lo prendono di mira, lui è bravissimo nel far sparire la palla e scappare. È la sua risposta come a voler dire: "se tu ti comporti così io ti scappo via". È difficile da spiegare: io a volte mi lascio andare un po' e dico che gli arbitri dovrebbero giocare a calcio e solo dopo dovrebbero diventare arbitri. Solo così capirebbero quando un giocatore simula o fa finta (partono applausi, ndr). Non siamo qui per parlare di arbitri, ma è capitato (risate). Come mai questo arbitro non è riuscito a capire che questo ha simulato? Quindi dico di fargli fare calcio prima di diventare arbitri. Ci sono calciatori che si buttano senza che li tocchi. Alcuni mi hanno fatto venire una rabbia incredibile (dalla platea si sente il nome di Inzaghi e Balotelli, ndr). Non etichetto il calcio come uno sport diplomatico. Il calcio è agonismo, sudore. A volte sangue. Lo devi vivere. Non puoi pensare che nessuno ti tocchi, allora vai a giocare con le bambole di tua sorella. Qualche nome su chi si butta? Totti e Inzaghi, ma uno come Inzaghi ogni tanto deve esistere anche. È uno dei giocatori che mi ha fatto arrabbiare di più. 

Severgnini a Moratti: Ci sono leggende su come Moratti ha scovato alcuni giocatori. Nella cassetta di Ivan cosa hai visto?

MORATTI - Felice di esser qui con Ivan. Di tutti i giocatori si dice della cassetta. La sua me la ricordo più di tutte. Mi arrivavano dai procuratori o dai dirigenti Inter. Nel suo caso me ne parlò Lippi. Io ero severo dicevo sempre, no? (ride. ndr). Ho visto tutte le sue doti che conoscete, cioè forza, grinta e coraggio. Mi colpì il fatto che anche se non fosse argentino giocava in Argentina e tutte le mansioni passavano da lui, si fidavano. Aveva grande personalità e lui ci ha messo a posto la difesa. Ha giocato con chiunque. È sempre stato una sicurezza. Con Zanetti e Recoba ero già convinto, poi guardavo la cassetta e mi convincevo ulteriormente. 

CORDOBA - È una splendida giornata. Sono felice e orgoglioso di essere qua con degli amici, con le persone a cui voglio bene per presentare questo racconto: forse un po' lungo, ma interessante. Non è stato facile decidere di scrivere un libro. Abbiamo avuto una chiamata dalla Mondadori, ci ha fatto da tramite Paolo Orlandoni. Orlandoni mi ha messo questa idea in testa, anche mia moglie ha contribuito. Io non sono tipo che racconta la propria storia o ciò che succede in spogliatoio, perché quei momenti sono sacri, ma alla fine mi sono convinto. Quello che ho vissuto nella mia carriera è stato un sogno e lo vivo ancora come un sogno. Sono felice di aver giocato solo in certe squadre, forse è anche per questo che per me è un sogno, e ho deciso di raccontare tutto. Magari un domani potrà servire a qualche ragazzo se vorrà un esempio, scusate la modestia.

Severgnini a Belen e Paloma: Più emozionate quando avete letto il libro o quando avete visto il vostro papà giocare?

Belen e Paloma: Più emozionate quando abbiamo letto il libro perché abbiamo scoperto tante cose che non sapevamo di nostro padre. Non mi aspettavo i litigi di cui ha parlato in campo e negli spogliatoi.

CORDOBA - Belen e Paloma, cioè i miei figli, hanno iniziato a leggere il libro e mi hanno chiesto come mai non parlassi di calcio ma della mia vita e c'erano cose che non sapevano. E questo è già un gran motivo per scrivere un libro, per raccontare loro il mio passato. Ho chiesto ad Edoardo Caldara di aiutarmi, abbiamo fatto dieci sedute. All'inizio ero spaventato, ma per me è diventato facile farlo. Ogni capitolo suscitava un ricordo e mi sentivo bene. Poche volte mi fermo a ripensare a ciò che ho fatto, ma questo libro l'ho scritto con passione. Ed è un orgoglio essere qui. Tutti voi avete fatto parte della mia storia e di questo libro. Grazie. 

(Dagli inviati di FcInter1908.it Eva A. Provenzano e Fabrizio Longo)