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Inter, Lukaku: “Scudetto, derby, Conte: vi dico tutto. Per me questa la svolta”

Inter, Lukaku: “Scudetto, derby, Conte: vi dico tutto. Per me questa la svolta”

Le parole del belga a DAZN: "Quando sono arrivato qui il primo giorno ho detto a Lautaro che con me avrebbe fatto tanti gol, più di 15 almeno"

Marco Astori

"Pazza Inter". Comincia così l'intervista di Romelu Lukaku, centravanti dell'Inter, ai microfoni di DAZN: il belga si riferisce alla prima partita della stagione 2020/21 dei nerazzurri, il 4-3 folle contro la Fiorentina a San Siro.

Il derby d'andata?

Loro hanno iniziato bene, Ibra ha fatto due gol. Dopo noi abbiamo dominato la partita ma non abbiamo sfruttato le occasioni. E' stato difficile, ma noi in quella partita siamo stati la squadra più forte: ci ha dato energia per iniziare il percorso verso lo scudetto.

L'esultanza con Lautaro?

Giochiamo a due giochi di guerra. L'anno scorso è venuto in camera mia e ci siamo messi a giocare al Call of Duty: lui ha giocato 45 secondi e l'hanno massacrato sei volte. Gli ho detto "lascia stare, andiamo a dormire".

Quando sono arrivato qui il primo giorno ho detto a Lautaro che con me avrebbe fatto tanti gol, più di 15 almeno. Ho incontrato suo papà, abbiamo parlato 10 minuti: gli ho detto "tra due anni vinciamo qualcosa insieme". Da lì è iniziata la nostra storia.

Sassuolo-Inter?

La partita nella quale abbiamo iniziato il percorso per lo scudetto è Sassuolo. Abbiamo parlato con la squadra e abbiamo cambiato il modo di giocare, stando più compatti. Da lì io in panchina ho visto la squadra giocare veramente unita.

Hakimi-Conte?

Papà e figlio: ha preso il mio posto perché corre di più (ride, ndr).

Cagliari-Inter?

Avevo paura di sbagliare quel gol, giuro: ho tirato così perché ero arrabbiato.

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La svolta?

Dopo la Juve dovevamo giocare ancora col Milan, con l'Atalanta e la Lazio. Quello che ha cambiato tutto è stato l'aver vinto gli scontri diretti: abbiamo dimostrato di essere i più forti. Barella parla sempre, io e lui litighiamo ogni giorno: a colazione e quando camminiamo per andare in campo iniziamo. Però siamo pazzi, abbiamo bisogno di questo: dà energia. Io ho bisogno di Nicolò, c'è bisogno di giocatori che vanno in guerra e noi ne abbiamo tanti. Io e Lautaro lavoriamo per la squadra. Io so che se non è una buona giornata per me e Lautaro è più caldo, io lo cerco sempre.

Il derby?

Il derby è il derby: in quello di ritorno chi vince è primo in classifica. Io mi ricordo che in allenamento abbiamo fatto tattica con la primavera e ci siamo allenati ad un livello altissimo. E io ho detto a Lautaro: "Questa partita non la perdiamo mai, impossibile". Ero carico. Sul primo gol ci siamo allenati due giorni per quella situazione: loro giocano a 4, lui deve mettersi dietro Kjaer perché io se attacco la profondità gliela metto lì. E da lì ho capito che loro erano morti. La mia esultanza? Scusate (ride, ndr). Avevamo parlato io e il mister, dovevo essere io ad ammazzare la partita: ma lui rideva, è così. Ci picchia, dopo ridiamo.

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Il torello? 

Conte non li fa più perché dice di essersi fatto male al ginocchio. Prende sempre i tunnel se gioca.

La base del successo?

Dopo l'Atalanta ho detto "è finita per lo scudetto, ci siamo": non potevo dirlo, l'ho pensato. E' la base del successo.

Eriksen?

Artista, maestro. Il primo allenamento che ha fatto ha fatto due gol da fuori area... Ho stoppato l'allenamento e ho detto "abbiamo perso, possiamo entrare". Artista.

Brozovic?

Non ha testa. Si incazza sempre in campo, se lui sbaglia è colpa tua (ride, ndr).

Conte?

E' migliore degli altri, ogni giorno vuole migliorare. A livello umano è cresciuto ancora di più: quando sa che è dentro lo spogliatoio dà ancora di più. Il livello di tutti si è alzato ancora di più, anche il suo. Dà indicazioni a tutti e due, mi dice "Romelu la partita è iniziata, sveglia". Dopo l'esultanza ci dice "stiamo in partita": sul 3-0, ma dai mister.

Il video in macchina?

Ero a casa con mio figlio. Era la prima volta che vincevo, sono andato in giro dalla sede a CityLife: ero con mio figlio e mia madre. Mi sentivo come un re, c'erano 30 macchine dietro di me.

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