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Lunga intervista concessa da Romelu Lukaku, centravanti dell'Inter, ai microfoni del New York Times. Il belga ha affrontato prima di tutto il tema legato ai buu razzisti: "In queste situazioni mi sono sempre detto: "Segno, vinco e torno a casa". Mi sono confrontato tante volte con questa situazione: porto la mia rabbia sul campo. Devi andare avanti sempre più forte: devi continuare a lottare".
DALLO UNITED ALL'INTER - "A Pogba in Australia ho detto che a Manchester io avevo finito. Su di me è sempre stato un "Sì, ma...". Spiego dall'inizio. Segnai al Real Madrid nella Supercoppa Europea, ma sbagliai anche un gol. E tutti parlarono solo del mio errore. Nella mia prima partita in Premier League segnai contro il West Ham e tutti dissero: "Sì, ma...". Da lì ho cominciato a pensare a cosa avrei fatto. Un anno allo United ha cancellato gli otto precedenti: io e Pogba siamo stati incolpati per la caduta dello United".
LE QUALITA' - "Non si parla mai delle mie qualità quando vengo paragonato ad altri attaccanti. Il mio dribbling nell'uno contro uno è buono, so fare il doppio passo e so scartare l'avversario. Mi ricordo un commento di un giornalista, che disse che lo United non doveva prendere Lukaku perché non sono un giocatore intelligente. Non la vedo così: giocatori come Henry, Anelka, Rasfhord e Martial vengono detti giocatori pieni di qualità. Alcuni giocatori vengono visti in modo particolare, è tutto lì. Il Regno Unito è stato buono con me, ma me ne sono dovuto andare".
LA SERIE A - "Ronaldo mi ha detto subito che il campionato italiano è il campionato più difficile a livello difensivo. Ha segnato gol ovunque, ma è stato il posto in cui ha avuto più difficoltà a farlo, mi ha detto. E se pensa lui che sia difficile, beh vuol dire che lo è davvero. E' più difficile rispetto all'Inghilterra: là il calcio è più intenso, qui è tutto schemi".
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